LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

lunedì 9 maggio 2016

Normalizzata irrealtà


Quando si nasce, tutto è una sorpresa continua.
Perfino un albero è una roba dell'altro mondo, anzi di questo, che è altro per chi arriva da quello uterino.
Poi si cresce e le cose che prima erano dell'altro mondo diventano normalissime, abituali, a volte anche banali.
Un albero è una roba che ne è pieno il mondo, anche se un po' meno di una volta.
Non ci si emoziona mica più davanti a un frondoso pioppo.

La legge dell'abitudine vale per tutto.

Anche per le cose veramente dell'altro mondo sebbene si trovino in questo, tipo l'omicidio.
Non che sia una grossa esperta in omicidio, ma penso che gente come gli amanti criminali, gli assassini della luna di miele, gli assassini nati e il giovane arrabbiato si siano abbastanza abituati all'idea di uccidere gente, anche se è qualcosa di pazzesco. Magari all'inizio faceva loro un po' di sgiai l'idea, ma poi è diventato routine.

Una cosa che nell'immaginario è irreale, per alcuni diventa così reale da sembrare normale.

Vale anche per attività meno macabre, tipo l'idea di poter prendere e fare 2000 km in bici. Al sol pensiero, ci si ritrova con un'impronta psicosomatica a forma di sellino sulle chiappe, ma quando ci si mette lì e lo si fa si nota che è una roba irrealizzabile. E non fa male a nessuno, anzi fa anche bene (almeno finché non si finisce sotto un tir pedalando o non ci si ritrova con la rotula sminuzzata).

E' un po' come trovarsi davanti alla vasca delle possibilità, non quelle accettabili, ma tutte.
Evenienze di ogni tipo, soprattutto quelle più lontane da se stessi, quelle che uno sente che ad aderirvi sarebbe estraneo al se stesso che è quando sta sul bordo della piscina. Nonostante ciò, c'è qualcosa, in te o intorno a te, o qualcuno che all'improvviso ti fa fare il salto. Ti tuffi, estirpandoti dal tuo habitat e dal tuo viaggio, trapiantandoti in un altro ecosistema, e riesci a tenerti in vita in quella giungla che non conosci, e non solo sei in grado di farlo, ma pian piano ti sembra normale nuotare in quelle acque, diventi capace di farlo.

Poi, nel momento in cui lo racconti, a te stesso o agli altri, inizi a trasformare i fatti, in modo direttamente proporzionale all'irrealtà di quello che hai fatto, in puro pensiero e puro ricordo. Il loro lento viaggio verso l'irrealtà sarà cominciato nello stesso momento in cui si sono verificati
Se si razionalizza troppo e subito, si finisce per fare puccetta nell'acqua della piscina in modo rapido e senza davvero abituarsi.
Anzi, se si riflette veramente tanto, non si immerge nemmeno la punta dell'alluce, perché la sensazione di irrealizzabilità nasce prima ancora del tuffo.

Tu che leggi ti dirai "Meno male, almeno uno non si mette a fare il killer".
 Ma i killer dei film erano assassini dentro, e avevano solo la caratteristica, nefasta in questo caso, rispetto ad altri potenziali assassini che hanno frenato l'impulso, di comportarsi in base a quello che sentivano.
Non si erano nemmeno estirpati dal loro habitat.
Non avevano provato l'ebbrezza di qualcosa che, parso prima irreale, una volta vissuto e provato, per quanto riconosciuto come un po' al di là della realtà prima conosciuta, si rivela più interessante, emozionante e arricchente di quello che si sarebbe potuto fare rimanendo pavidamente a bordo piscina ad osservare con cupidigia le possibilità galleggiare a filo d'acqua.
Che dici?
Che a bordo piscina ci si abbronza?
Questo è vero, ma ci si può ustionare.
Che dici anche?
Che pure immersi ci si ustiona? Che c'è il riverbero dell'acqua che riflette i raggi del sole facendoli rimbalzare sulla pelle come palline di flipper impazzite?
E va beh, allora, ustionarsi più ustionarsi meno, tanto vale farsi una bella nuotata.

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