LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

martedì 22 marzo 2016

Che tu possa avere tutto ciò che vuoi



Nel film "Tredici variazioni sul tema" si parla di una maledizione gitana, che realizza il desiderio di "ottenere tutto ciò che si vuole".
Sembra una gran figata.
Se uno sa ciò che vuole.

Il problema è che uno crede di sapere ciò che vuole, ma già se glielo si chiede inizia a incasinarsi, a non trovare le parole, ad arrotolarsi nei concetti, a scivolare sui contesti, a impappinarsi nelle frasi.

Ci si può tenere sul generico. "Voglio essere felice". Ma poi essere felice che vuol dire? Forse coincide con l'essere contento? Con l'essere divertito? Con lo stare bene con se stessi? E se uno è affascinato dall'immagine del tipico eroe romantico (letterariamente parlando) che si staglia nero sull'oscurità del mare in tempesta che gli spumeggia addosso mentre pensa robe astratte lontane iperboliche apocalittiche su vita morte e miracoli? Forse la sua felicità è essere infelice. Così si sente figo e affascinante ed è soddisfatto dentro (molto in profondità, così dentro che manco lo sa). Tutto sommato, però, il generico potrebbe essere una soluzione papabile.

Oppure uno configura dettagliatamente ciò che vuole, mettendosi un bel giorno a tavolino, dopo aver fatto la punta bella dritta e affusolata alla matita con il temperino. Alliscia un foglio bianco e inizia a scrivere. Quando crede di essere arrivato al dunque, si concentra fortemente su ciò che desidera. Mettiamo che si autoinfligga la famigerata maledizione gitana, avendo sangue gitano nelle vene per non si sa bene che motivo (di solito i gitani non fanno i postini, nemmeno gli idraulici).
Inizia ad accadere quello che ha scritto.
Ma quello che ha scritto è fermo al bel giorno, passaggio cruciale della nostra considerazione. Il bel giorno, infatti, era ieri, e l'altro ieri, e l'altro ieri ancora, e una settimana fa, e un mese fa, e un anno fa. Il tempo passa e il bel giorno è fermo.
Colui che aveva scritto ciò che desiderava - e aveva iniziato il bel giorno a far girare le cose come voleva - di sicuro non è una persona tanto irriflessiva. Se uno non è tanto irriflessivo, con il passare di giorni settimane mesi anni aggiungerà tanti di quei pensieri su quel foglio, scritti o pensati, che a pesarli non basterebbe una bilancia per i tori. E la maledizione gitana mica è una di quelle maledizioni superficiali, che si basano solo su ciò che è stato scritto il bel giorno. Figurarsi. Lei segue il maledetto. Lo pedina in tutti i suoi dubbi pensate tentazioni divergenze convergenze scivolate virate strambate. E tutto quello che la sua volontà, conscia e inconscia, fa emergere, lei fa accadere.
E' il problema delle maledizioni gitane.
Sono troppo maledette.

E' meglio andare direttamente nel paese di Aladino e rivolgersi al genio della lampada. Con il genio della lampada è più semplice, perché è tipo impiegato comunale. Prende il suo stipendio di carezzine alla lampada, esce in un sulfureo sbuffo di fumo, si ipertrofizza con tutti i suoi pettorali cubici e spalle iperdefinite e braccia muscolose e addominali quadratinati che si striminziscono in vita fino a strizzarsi nell'imbocco della lampada, ascolta quello che viene richiesto in tre semplici punti, realizza, poi prende baracca e burattini e se ne sparisce in vacanza a Riccione con sdraio ombrellone occhiali da sole e settimana enigmistica a godersi le meritate ferie.
E allora uno, prima di sfregare quella lampada, si mette lì e decide di scrivere davvero sul foglio bianco con la matitina appuntita, ma sa che dovrà scrivere davvero tutto.
Dovrà beccare esattamente quello che vuole.
E che sia definitivo.
Una volta per tutte.
Quasi come sposarsi.
Ti sarò fedele sempre nella gioia e nel dolore nella salute e nella malattia.
Finché morte non ci separi.
Panico paura.
Ansia da prestazione.
Una cosa che vorrà per sempre.
Anzi tre.
Il foglio rimarrà bianco.
Ogni tanto la punta ematitica si avvicinerà al foglio, esiterà, un po' come il pennello di Matisse nelle microfrazioni di secondo prima di appoggiarsi con sicura sapienza sulla tela.
Ma la matitina non si appoggerà, perché qui non si tratta di disegnare un fiore o tirare giù un quadro da milioni di €.
Si tratta di definire in tre punti quello che si vorrà.
La propria vita.
Di fissarlo per sempre.
Di ottenere solo quello, e addirittura quello.
Insomma, di conoscersi talmente bene da sapere quello che si vuole.
E l'ematite si sgretolerà con il passare del tempo, il foglio ingiallirà.
Insorgeranno le rughe, le malattie, e uno non farà altro che dirsi 'Non voglio le rughe, non voglio le malattie...ma cos'è che voglio?'.
Alla fine morirà, di rughe o di malattie o di qualcos'altro.
E il genio si scoccerà un sacco,
ché avrà sforato l'orario d'ufficio,
non avrà potuto segnare straordinario perché l'ispettore del lavoro lo avrà visto un po' inattivo,
 e non prenderà manco l'incentivo una tantum.
Vita grama.
Non si riesce mai ad ottenere quello che si vuole.

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