LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

sabato 14 maggio 2016

Il mondo è una cipolla e a volte fa lacrimare gli occhi


Appurato che la libertà non esiste, ammettiamo che esista un certo margine di azione, che potremmo definire libero arbitrio.
Questo libero arbitrio è un margine che tutti possediamo, e che, essendo noi in tanti su questo pianeta, è, per ognuno, limitato da quello altrui, in un confinare di margini che appare un po' come il vestito carnevalesco di Arlecchino.
Abbiamo questa pezza di libero arbitrio, di cui noi siamo il fulcro, che si combina in modo da combaciare perfettamente con le pezze degli altri.
Non c'è soluzione di continuità tra le pezze. Ché poi significa che c'è continuità tra le suddette. Mi sono sempre chiesta perché volesse dire questo, poi la crusca mi ha spiegato che soluzione sta per interruzione, il "senza" contraddice l'interruzione e quindi i due termini si annullano a vicenda, e sarebbe tale e quale dire "con continuità", ma fa molto più figo dire "senza soluzione di continuità", anche se impegna e può facilmente essere soggetto a fraintendimenti, contorsione linguistica che tra l'altro è molto ricercata dalle persone che vogliono fare le fighe.
Ma torniamo alle pezze. Siamo lì con la nostra pezza bordata dai suoi confini, un po' come le cellule del tessuto di cipolla che ho messo come immagine di questo post. Poniamo che la cipolla sia la Terra e che la sua buccia siamo noi, incasellati nelle nostre prigioni di libero arbitrio. Prigioni perché hanno dei confini ben precisi, contro i quali cozziamo se vogliamo andare oltre. Ma fin lì, possiamo sguazzare come paperelle nello stagno a primavera.
I problemi nascono con il fatto che ognuno è uno, fatto a modo suo, e quindi ci sono paperelle che gestiscono in scioltezza il proprio stagno così com'è, altre che vanno a prendere la canna (dell'acqua, non del gas), la attaccano al rubinetto della loro autoconsiderazione e iniziano ad allagare lo stagno in modo che esondi, altre che invece se ne stanno lì in mezzo al loro laghetto contemplando l'esondare dell'acqua dell'esosa paperella vicina di stagno, e a volte si incantano pure a guardare queste meravigliose cascate altrui inondare la loro area, magari con tanto di pulviscolo acqueo che proietta arcobaleni illusori incorporei manipolatori. La paperella incantata si ritroverà in uno stagnino piccolo piccolo (fino ad avvicinarsi inconsapevolmente alla canna, questa volta del gas), quella esosa amplierà il proprio, ma non si sfuggirà comunque alla legge del confine.
Ampliamento del confine mio, ristrettezza del confine tuo.
Condividere la buccia di cipolla stagnante in modo equo è una marxista illusione.
La gente è avida.
Non importa cosa possa farsene, del libero arbitrio, né che valore abbia.
L'importante è averlo.
Poi si vedrà.
Se per ottenerlo si deve schiacciare quello di qualcun altro, qualcuno che magari è meno esoso pretenzioso invasivo prepotente, fino a vederlo compresso nella sua pezza come un piumino Ikea nel sacchetto sottovuoto a fine stagione, tanto meglio.
Si ottiene un bel libero dittatoriale arbitrio.
Due caratteristiche in una.
Che poi,
con il proliferare degli stagni a primavera,
con l'avvicinarsi dell'estate,
con il comprimersi del piumone sottovuoto,
du gust is megl che uan.

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