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giovedì 17 marzo 2016

Istinti spalatori


Bella, la nevicata che scende soffice e leggera volteggiando nell'aria.
Fiocco soffice e leggero su fiocco soffice e leggero, la neve si deposita fino a formare strati compatti su ogni cosa, trasformando il mondo intorno in un ovattato universo di candore.
Per molti - ma non per tutti - una magia.
Una magia infantile, forse banale.
Ma pur sempre una magia.
Ché poi le magie più magie sono quelle da bambini.
Quelle che poi non lo sono più.

Il giorno dopo, uno si ritrova quei magici e compatti strati ancora più compatti  e leggermente meno magici nel vialetto o sulla rampa dei garage  da cui deve tirare fuori la macchina, nel cortile che deve attraversare a piedi o con qualche mezzo di locomozione, sui balconi se ha la fortuna di possedere quelle belle case incesellate nei tetti e per questo dotate di più balconi che calpestabile ricoperto da un tetto.

Si manifesta così, per qualcuno, la necessità, o la volontà, o entrambe, di spalare il candido manto immacolato.

Inizialmente l'eletto spalatore si lancia con entusiasmo a riempire palate di manto, spaccandolo con liberatori movimenti circolari della pala e catapultandolo con tutta la sua forza bruta oltre balaustre muretti recinzioni.
Le prime operazioni danno una sensazione di vigore.
Più gli ostacoli al di là del quale si deve lanciare la neve sono alti, più si sente vigoroso.
Più grande è il blocco che carica, più ha verve.
Più ampio è il raggio dell'arco che descrive in cielo il blocco di neve, più è galvanizzato.

Dopo una manciata di minuti, inizia una mutazione genetica della sensazione, che vira tanto più rapidamente quanto più grandi sono i blocchi lanciati, alti gli ostacoli da superare, dolorosa la schiena, incordate le braccia, sudato il corpo, in contrasto con la neve che sembra sempre più fredda in rapporto all'incrementata temperatura del proprio corpo.

La mutazione avanza fino alla totale saturazione, quando il vigore residuo non permette nemmeno più di sollevare di qualche centimetro la pala vuota, e ci si rende al contempo conto che mancano ancora metri e metri cubi di quel magico soffice ovattato manto (malefico).

Si iniziano a elucubrare alternative, tipo fondere l'avversario con il phon mentre si legge un libro in tuta da sci. Tempo necessario: tre o quattro giorni e una cinquantina di phon. Un po' dispendioso, ma sicuramente allettante per appassionati di fresche letture. Se si ha un balcone, si vorrebbe aver fatto fare la piastrellatura con le resistenze riscaldanti, ma ormai è tardi. Si possono solo registrare sul taccuino degli intenti vani propositi per il futuro, quando ci si sarà dimenticati di tutto, a meno di ernia del disco incorsa durante la spalatura. In tal caso, però, si potrà usare la molto più economica scusa dell'invalidità per delegare il lavoro a qualcun altro.

Difficilmente si penserà che, tutto sommato, se la natura ci ha ricoperti in questo modo, se ne potrebbe approfittare per assecondare le sue proposte.
Non si può più aprire la porta di casa perché bloccata da un monolite nevoso?
Invece di spaccarsi la schiena a combattere contro i monoliti, perché non starsene in casa a godersi il silenzio ovattato, ad assaporare l'attesa del momento in cui il sole il vento il tempo, con il loro ritmo naturale, permetteranno di aprire quella porta?

Ma no, non si può.
Non c'è tempo.
Bisogna fare in fretta.
Naturalmente.

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