LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

mercoledì 20 novembre 2013

Peripezie euforico-podistiche

Se si è persone sportive dentro, si ha la necessità di praticare sport. E' un bisogno che diventa fisiologico, come mangiare bere e altre amenità.
Non si può quindi decidere se praticare sport, ma come praticarlo.

Una soluzione può essere la palestra. Un cubicolo di dimensioni più o meno grandi pieno di gente che si scatena e suda. Un cubicolo dove si paga per entrare e usare macchinari che simulano uno sport. Lo sportivo dentro storce un po' il naso al pensiero di ciò. Condizioni di un certo tipo, però, possono portarlo a optare per questa soluzione. Ma devono essere veramente schiaccianti, del tipo che si abita in una metropoli dove se esci per strada ti schiacciano, o che si ha libera solo la notte fonda senza luci nera più del nero, casistica in cui, a pensarci bene, anche la palestra potrebbe essere chiusa e sprangata. I cubicoli, comunque, sono sempre e comunque frequentati da moltissime persone sportive fuori. Non falliranno se lo sportivo dentro opta per altre attività.
Se non si ha molto tempo a disposizione magari non si opterà per praticare il deltaplano o la canoa tre volte a settimana, ma si potrà sempre decidere di andare a correre, attività aerobica che aiuta la resistenza, il fiato e l'artrosi, nonchè la distruzione di articolazioni e legamenti vari. A parte le controindicazioni, si tratta di attività che, se praticata con costanza, può portare all'euforia del podista, che farà dimenticare del tutto che da vecchi, nella migliore delle ipotesi, si deambulerà in carrozzella.
Analizziamo dunque il caso del podista sportivo dentro. Rifiuta la palestra, perchè il suo essere sportivo è interiore, non ha bisogno di chiudersi nel cubicolo. E' un po' come il discorso degli addominali: lo sportivo fuori li ha fuori, lo sportivo de
ntro li ha dentro, gelosamente custoditi e nascosti dagli occhi superficiali dei più.
Se abita in città, va lo stesso a correre uscendo di casa in pantaloncini e maglietta, noncurante degli sguardi obliqui dei passanti onesti. Raggiunge un parco, per piccolo che sia, fa la sua corsetta, si bea della sua euforia, torna a casa felice.
Il vero problema è il maltempo. Il maltempo è più impietoso dell'inverno e dei suoi rigori. Non si parla di quello nevoso, bensì di quello piovoso e copioso. Se  piove copiosamente per un bel po' di tempo, se si ritrova con un meteo così guardando su tutti i vari siti di meteo,


lo sportivo dentro entra in uno stato di frenesia e nervosismo. Ciò si accentua nel caso in cui quando è al lavoro faccia bello e quando è a casa piova abbondantemente. Poi, quando piove abbondantemente anche appena esce dal lavoro in bici e arriva zuppo come un biscotto al Plasmon pucciato nella tazza non è felice. Asciugarsi e rituffarsi nell'acquazzone non è da persone saggissime. E allora lo sportivo si mette in casa e aspetta. Ciò fa sì che ogni attività che intraprende sia condizionata dall'attesa della fine della pioggia. Si dedica a un'occupazione per 3 minuti, poi guarda alla finestra. Spesso il vetro è già rigato dalle piogge precedenti, e così non capisce bene. Deve aprire, o andare sul balcone, sporgersi, allungare la mano. Ripetuta ogni 3 minuti, l'operazione diventa handicappante. Il nostro eroe inizia ad avere l'impressione che non ce la farà mai ad andare a correre e che stia perdendo un sacco di tempo dedicabile ad altre attività con maggior profitto. Ciò nonostante, essendo il suo bisogno di corsa fisiologico, continua a farlo. Prova anche a dedicarsi ad operazioni surrogate, tipo correre sul posto, magari con l'aiuto della wii, o andare sulla wii bike, che solo a guardarla fa venire un'infiammazione alle ginocchia e un'ernia del disco fulminante. Alla fine, però, tra uno schema del videogioco e l'altro, ha l'impressione che abbia smesso. Si veste alla velocità della luce, esce e tracchete, ricomincia a piovere, e nemmeno poco. Ritorna dentro, per sadomasochismo si piazza pure sulla wii bike, ma ecco di nuovo l'impressione che abbia smesso. Scende, va a vedere, ma piove ancora. Era solo il vetro troppo pulito ad aver dato l'impressione errata. Passa tutto il suo tempo libero a sporgersi, vestirsi, svestirsi, scendere le scale, aprire il portone e scoprire uno scroscio da giorno del giudizio, risalire le scale, inziare a leggere un libro tre minuti per volta, aprire la finestra, tendere la mano, andare sul balcone, studiare le pozzanghere e i loro riflessi, farsi un giro di wii fit. Arriva il momento in cui gli pare proprio di poter andare. Non guarda più nulla, si veste per la sedicesima volta, si precipita giù dalle scale, esce e finalmente si mette a correre zigzagando tra le macchine alla volta del parco. Al parco si sente già meglio.Non c'è nessuno, solo alcuni padroni con i cani, fisiologicamente bisognosi di quella passeggiata, e quindi anche loro usciti alla prima tregua. L'odore di umido delle foglie e del suolo pervade le narici. Gli alberi neri, defogliati e stecchiti, graffiano il cielo plumbeo come la tonalità grigio topo dei provini tintometrici delle carrozzerie delle macchine, sfiorando il grigio canna di fucile. Il cielo, che già era plumbeo, così graffiato solleticato e sollecitato non ce la fa, e scarica sul cranio dell'intrepido corridore il maggior diluvio mai visto in tutta la giornata. Ci sono anche i padroni dei cani con i loro fidi animali a condividere il momento, ma loro possono aprire l'ombrello che saggiamente avevano portato con loro. A bagnarsi rimangono il corridore e i cani. Diventano tutti chiens mouillés nell'aspetto, anche il nostro sportivo dentro. Correre con l'ombrello non viene molto bene. Chi ha provato, sa. Chi non ha provato, è meglio che non provi.
L'eroe del quotidiano torna mestamente a casa, facendo ciak ciak a ogni passo.
Risale le scale.
Si spoglia in una pozzanghera sul parquet.
Poi guarda fuori.
Esce il sole.
Se non altro, può scrivere un post sulle peripezie euforico-podistiche.
Dopo essersi asciugato per bene.

Nessun commento:

Posta un commento