LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

mercoledì 14 giugno 2017

Utilità elevato a n, con n che tende a infinito = inutilità

immagine di Claudia Rogge

Un nome è una cosa che ti contraddistingue.
Serve.

Se iniziano a essercene tanti uguali, ti contraddistingue meno.
Serve meno.

La gente deve iniziare a trovare altre modalità per capire che sei tu e non il tuo omonimo.

"Genoveffa è andata da Genoveffa per parlare di Genoveffa".

Bel casino, no?

Bisogna almeno aggiungere una declinazione, una particolarità, per capire di chi si parla, e in più queste etichette devono essere condivise da emittente e ricevente.
"Genoveffa dal collo lungo è andata da Genoveffa che ama i centrini per parlare di Genoveffa che di nascosto suole farsi selfie e collezionarli tutti in un ambum verde" non funziona mica.
E se l'interlocutore non sa nulla delle abitudini delle due Genoveffe?
Senza contare che l'ultima caratterizzazione può essere una grave lesione della privacy dell'ultima Genoveffa, quella che aveva confidato all'emittente il suo segreto, convinta che lui lo conservasse gelosamente.
Ed ecco che il segreto viene meno a causa dell'eccessiva concentrazione sulla necessità di specificazione.

Dare nomi di moda a tante persone è grave.

Si rischia che ad un certo punto si chiamino tutti allo stesso modo.

Il nome diventa così sempre più inutile:

nomi attribuiti a un'infinità diventano infinitamente inutili.

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