LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
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mercoledì 22 marzo 2017

Il valzer degli sterzi

 Arrivo in automobile nei dintorni di casa mia con la solita, strisciante, inquietante sensazione di girone dell'inferno per peccatori di troppo automobilismo. Un demone su una sporgenza immaginaria dell'immaginario inferno della mia mente ridacchia di me e mi dice: "Sentiti colpevole perché non hai fatto il car sharing, e non hai nemmeno aderito a quello fantasticissimo di macchine elettriche che ha GIUSTAMENTE occupato due interi, lunghissimi lati di due, intere lunghissime strade dove prima cupidamente occhieggiavi per trovare un pertugio sufficiente anche solo per incastrarti paraurti davanti contro auto davanti e paraurti dietro contro auto dietro". Un altro diavolo sorvola il tuo immaginario, fastidioso come un arbre magique ondulantemente appeso allo specchietto retrovisore: "Pentiti di esserti fatta passare dai tuoi genitori questa macchina cubettosa ingombrante inquinante, addirittura a benzina, che beve come un alcolista e non si incastra da nessuna parte, vergognosa!"

In questo stato di diabolica invasione del mio rarissimo momento automobilistico, occhieggio a più non posso nella speranza di trovare un parcheggio al più presto, scendere, dimenticare che ho a disposizione un'automobile fino alla prossima pioggia o trasporto eccezionale.

Miraggio nel deserto causato dai sulfurei effluvi dei miei molteplici diavoletti saltellanti, vedo uno spazio libero, in una zona relativamente vicina a casa, ma, come nei peggiori inferni, ecco un cubetto di auto rosso, delle dimensioni del mio, che cerca di infilarcisi. La manovra che sta effettuando mi induce a fermarmi un po' in disparte ad osservare. C'è un certa traccia di inesperienza in tutto quel girare il volante. E soprattutto, la traccia più importante, quella di parcheggiamento non ha alcun senso logico. Mi godo il valzer dello sterzo per dieci minuti buoni, ormai sicura che terminerà con una disfatta. Quando le mie previsioni si verificano, prendo io il posto, riconoscendo che è un po' giusto e facendo pure io due o tre manovre in più dell'immaginato.

Quando scendo, mi avvio verso casa e vedo il cubetto rosso che cerca di infilarsi in un parcheggio ancora più lungo del precedente, quasi sotto casa mia. Mi viene la tentazione di aspettare ancora e poi beccarmi quello. Osservo quasi divertita la signora sulla sessantina, capelli corti bigodinati imbrigliati in una trappola di lacca, agitarsi nell'abitacolo. Immagino la pezzatura delle ascelle farsi così inondante da raggiungere quasi il cappotto di lana cotta, anche lui rosso, come le sue guance rubizze, a fare pendant con il mezzo.

Nella foga, la signora non si è accorta che si è liberato un altro parcheggio, proprio sotto casa mia, di quelli dove non serve nemmeno fare manovra perché attigui al passo carraio del portone.
La mia emozione è troppo grande, non posso perdere l'opportunità di un parcheggio sotto casa.
Corro all'incrocio tra la mia via e la via dove intravvedo, a circa 300 m, la mia auto.
Osservo a fondo il fondo della mia strada, immaginando tutte le possibili combinazioni di auto in ricerca di parcheggio. Le sorveglio arrivare, tremo all'idea che occupino il posto da me ambito, ma non accade. Quando non c'è segno di anima viva fin dove lo sguardo può arrivare, mi lancio in una frenetica corsa verso la mia auto, la scastro con cinque o sei manovre rimbalzanti di paraurti in paraurti come solo una completa donna può fare, mi precipito ai 100 all'ora nella mia strada, a momenti colpisco il bidoncino rosso che ancora manovra con direzioni imprecise e aleatorie, e mi infilo nel miglior parcheggio pensabile, quello dove mi sarei piazzata anche se la via fosse stata deserta.
Scendo, infilo la chiave nel portone, do un'occhiata alla signora. I rivoli del suo sudore dovrebbero ormai raggiungere il tombino lungo il marciapiedi.
Salgo in casa, mi faccio una doccia, mi vesto, scendo a buttare la pattumiera.
Il cubetto rosso è ancora lì, la signora ancora sopra.
Mi viene da pensare che tra poco dovrò andare a comprarle una tanica di carburante per il refill.

Risalgo, chiamo un po' di gente, trovo qualcuno per andare a fare un giro, esco di casa.
Il parcheggio è ancora lì, libero.
La macchina è ancora lì, in mezzo alla strada di traverso.
La signora non c'è più.
O si è liquefatta, o ha deciso che aveva già raggiunto il livello di parcheggio migliore possibile per lei.

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