LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

venerdì 28 ottobre 2016

Questa pagina bianca di blogger


Non mi veniva nessun post, poi ho pensato all'inizio che avevo il blog, che appena arrivavo in ufficio, (sì, perché lavoravo in un ufficio), senza avere la più pallida idea di quello che avrei scritto, mi mettevo daanti al pc e aprivo questa pagina bianca di blogger su cui sto scrivendo adesso.

La fissavo un po', intensamente, come si fissa solo ciò che si ama, e lei mi faceva venire ispirazione e post.

Era bello, perché sapevo che la mia mattinata iniziava bene, con un bel post (sì, perché ne scrivevo uno ogni giorno che mi trovavo davanti al pc in ufficio).

Allora mi sono detta che avrei potuto rifarlo.

Mi sono messa seduta al tavolo della cucina.

Ho acceso il pc.

Ho aperto questa pagina bianca di blogger, che è identica a quando la aprivo nel 2007 in ufficio.

L'ho fissata con lo sguardo con cui sono riuscita a fissarla.

E' passato il tempo che pensavo dovesse passare.

E' passato più del tempo che pensavo dovesse passare.

Niente.

Sarà la location.

Sarà la situazione lavorativa.

Sarà l'ora.

Sarò io.

mercoledì 26 ottobre 2016

Muri e palline


Nel tennis, quando uno ha uno scambio, ce l'ha con qualcuno. 
Ci sono due persone, una da una parte del campo, l'altra dall'altra. 
E' un po' come la comunicazione. 
Senza le due controparti non c'è. 

Se però una non può o non vuole più partecipare, quella che rimane può sempre giocare contro il muro. 
Cosa cambia? 
Che più giochi, più la palla ti torna indietro rapida. Puoi sbagliare solo tu; ogni azione che compi ti viene restituita a velocità incrementata ma con lo stesso tiro che fai tu. 
Contro un muro non si può mai vincere, perché prima o poi si sbaglia e lui no. 

C'è anche un altro sport contro il muro.
Si chiama squash.
Ma si fa in due. 
Invece di uno scambio diretto, si fa lo scambio con il muro in mezzo. 
A volte anche con un muro in mezzo si comunica, ma l'altro deve riflettere sulle angolazioni che la palla altrui prende in ragione del muro. 
E bisogna essere entrambi dalla stessa parte.  

lunedì 24 ottobre 2016

Di barrette morir non si può



Ero in una pasticceria arredata con cura, seduta a un tavolino in legno su una panca imbottita e vista su una vetrina straripante di dolciumi accattivanti. Assaporavo un mini cannolo siciliano appena riempito di ripieno alla ricotta express.

Davanti a me una vecchietta campeggiava ad un altro tavolino, anche perché a quell'orario sedere lì in tutta calma è privilegio quasi esclusivo di insegnanti, pensionati, disoccupati e turnisti, cosa che mi rendeva molto orgogliosa di far parte della prima categoria in quanto non vecchia, non sfasata nel ritmo sonno-veglia e dotata di introiti mensili.

Mi chiedevo su cosa avrei potuto scrivere un post, quando l'adiposa vecchietta aveva tirato fuori dal sacchetto che teneva strettamente tra le dita una serie di medicinali e anche un Pesoforma. Si era messa a studiare proprio la scatola del sostitutivo del pasto con curiosità e bava alla bocca, mentre io la osservavo con uno sbaffetto di ricotta zucchero e altre diavolerie pasticcere a lato bocca.

Erano sorti dubbi che mi avevano distolta dal mio piccolo momento di estasi. Ecco, il Pesoforma è tutto il contrario di un piccolo momento di estasi. E' la privazione di qualsiasi momento di estasi. Una di quelle barrette simili al cibo per gatti contiene una quintalata di calorie ed è assai poco goduriosa. Come si fa a pensare di dimagrire privandosi del piacere di qualcosa di buono e sostituendo tutto il pasto con una barretta similviskas? Se si è delle buone forchette immagino lo si sia perché si ama il cibo. Pesoforma dice agli amanti del cibo di privarsi di ogni traccia di bontà per rimpinzarsi di soli sostituti. Saranno anche sazianti, compositivamente adeguati, ma dove la mettiamo la parte psicologica? E' inutile che nella pubblicità mettano una conduttrice televisiva fighissima che addenta la barretta con espressione orgasmica: la barretta fa schifo, ve lo assicuro io che sono caduta in tempi remoti nella trappola. Ne avevo mangiate 10 in un pasto solo che avevo concluso con un bel gelato al cioccolato fondente vero. Il gelato era servito a togliermi il saporaccio e l'assunzione dell'intero pacco a non fare sprechi, che, come dice mia nonna, il cibo, anche quello sostitutivo del cibo, non va mai buttato.

Ma poi, se hai 90 anni, sei obesa e prossima alla fine, prendi Pesoforma insieme a tutti i medicinali per la pressione, il colesterolo, l'osteoporosi?

Ma vattene al ristorante, fatti un bel piatto di tagliolini ai porcini, beviti un bicchiere di buon vino, poi vattene alla pasticceria, prenditi un cannolo siciliano trasudante ricotta e ditti che se di qualcosa si deve pur ben perire, meglio a colpi di cannolo che di barretta Pesoforma.

venerdì 21 ottobre 2016

Deformazioni (?¿an?¿)elastiche


Sei lì che vivi la tua vita,
che vivi il flusso degli eventi che
bene o male
ti trascinano giù verso il naturale epilogo
a velocità irregolarmente accelerante.

Arriva un momento in cui
una puntina piantata nella collottola ti punta in un punto,
ma il tempo continua a collassarti addosso
tirando inesorabilmente verso il basso.

E tu, tu che sei puntellato dalla puntina NEL punto
non puoi far altro che essere trascinato giù ma anche rimanere su,
immobile in quel punto
non perché tu non possa
ma perché non vuoi
poterti staccare di là,
e al tempo stesso
 non puoi far altro
che allungarti verso il collasso finale
in rughe deformanti
in denti che si staccano
in dalìane deformazioni di te stesso,
pur sapendo che
ad un certo punto l'elastico sarà così tirato
che,

se

IL punto non ti risucchierà su
facendoti schioccare come una fionda,
in un andare indietro del tempo
che ti ricomporrà le rughe in compatta pelle di ritorno
che ti riradicherà i denti
che ti riformerà dalle deformazioni,

allora

l'elastico si staccherà,
e di quello che eri
non rimarrà che qualche brandello,
un pezzo su,
un pezzo giù,
o non rimarrà
neppure
tanto.

mercoledì 19 ottobre 2016

Attaccati all'auto


C'è gente che sulle macchine mette adesivi.

Ora, perché uno dovrebbe mettere adesivi sulla sua macchina?

Per far la pubblicità di qualcosa, tipo di un sito, o di un negozio.
Per far vedere che è un fan di qualcuno o qualcosa.
Per mettere in bella mostra una sua creazione, nel caso sia un creatore di adesivi o un pittore o un grafico.
Per far vedere i posti in cui è andato con quella macchina o anche senza.
Per far vedere i posti dove vorrebbe andare ma non può e quindi ha solo comprato l'ingannevole adesivo.
Perché l'adesivo è bello.

Ci saranno altri motivi validi.

Ma quando vedi uno con la GOLF GT che gira con un adesivo della LIDL sotto la scritta GT, ti chiedi perché.



Bello di sicuro non è.

Il proprietario sarà forse uno che ha una LIDL? Ti affianchi con la bici per vedere se quello che guida ha la faccia di un possessore di LIDL. Non sai bene che faccia debba avere, il possessore di LIDL, ma hai la sensazione che i tre marocchini inscatolati non lo siano. Che poi, se io fossi un possessore di LIDL e volessi farmi la pubblicità, mi prenderei un furgone tricolore con lo stemma su fiancate e tettino, in modo che sia visibile pure dal cielo. Mica mi metterei un adesivo 2 cm x 2 cm sotto la scritta GOLF GT.

Che l'abbiano comprata da uno che aveva una LIDL e ha venduto la GOLF GT per comprarsi un furgone tricolore con lo stemma su fiancate e tettino, in modo che sia visibile pure dal cielo?

Avranno forse fatto un modello di Golf sponsorizzato dalla LIDL? da una ricerca sul web si direbbe di no. Eppure sembrava una soluzione tra le più ovvie.

Saranno dei fan della LIDL? Già il fatto che la GOLF sia GT e non GTI può far pensare che siano gente con una disponibilità di denaro limitata. Però, certo, avrebbero potuto prendere una Panda e non una GOLF. Magari è solo gente a cui piace andare sana e lontana. E poi, alla fin fine, alla LIDL si trova roba buona, anche se è meno cara della media. Non so se "anche se" sia il connettivo corretto. Bisognerebbe chiedere a un esperto di grammatica e di sfumature degli intenti scritti umani. In ogni caso, mi pare strano che qualcuno che tiene a far sapere che ama la LIDL non voglia far sapere nient'altro su di sè.

Altra opzione possibile, avevano un bozzo proprio in quel punto della carrozzeria, ci stavano pensando mentre facevano la spesa alla LIDL, hanno preso un adesivo del supermercato che era da qualche parte nel negozio e lo hanno schiaffato sull'inestetismo.
In questo caso si rientrerebbe in ogni casistica pensata: la LIDL, oltre ad essere un posto in cui vanno, è anche un negozio che apprezzano; al tempo stesso non dispiace loro far pubblicità (magari chiedono anche un po' di sconto mostrando l'autoveicolo); mettono in mostra una loro creazione riparatoria del bozzo, e la LIDL torna loro utile anche in quanto negozio di bricolage.

Insomma, W la LIDL.

Veramente fantastica, questa LIDL.

Ora vado a comprarmi un adesivo e me lo metto
sulla macchina,
e pure sulla bici,
e me lo tatuo anche in fronte.

lunedì 17 ottobre 2016

In gorgo



Uno dei momenti più umanamente provanti della vita del cittadino medio sottoposto alla tortura di un impiego con orari banalmente impiegatizi è l'andata al lavoro al mattino nella giornata di pioggia. Quando scendono due gocce, in una città, il traffico si paralizza manco piovessero molotov.

Prima cosa, quelli che generalmente si spostano in bici o scooter decidono di prendere la macchina. E in una città pianeggiante e predisposta con bici gialle del Tobike come Torino vuol dire che sempre più gente si inscatoletta solo con la pioggia. Poi, si sa, senza pratica la gente si arrugginisce. Non si ha mica la dimestichezza dell'habitué. E ci si ritrova subito in situazioni estreme: sanpietrini scivolosi, tantissimi ciclisti in macchina rimbecilliti dall'assenza di pratica, tetris di automobili colorate che può essere bello solo visto da un sorvolatore mattutino.

L'automobilista medio, con la pioggia, si caratterizza per affrontare le curve come se dovesse manovrare un TIR con rimorchio anche se ha una Smart. Dato che non tutti sono medi, c'è chi approfitta della pachidermia di costoro per zigzagare acquaplanando a folle velocità tra le auto finché non accade, prima o poi, almeno per qualcuno, il tipico incidente da giornata piovosa, che lo rende candidato per la tassidermia, ma soprattutto crea ancora più caos per gli altri ignari guidatori tutti protesi verso il posto di lavoro.

In tutti questi modi lo stress nella popolazione incastonata aumenta, e più aumenta lo stress più le manovre si fanno isterico- imprevedibili, con fuoriuscite dalle auto sullo stile giorno di ordinaria follia . Dato che piove, al minimo si rileva umidificazione del cranio e delle spalle e delle ginocchia che sono scomodissime quando poi si è al lavoro presumibilmente seduti, al massimo si subisce un totale annacquamento dell'intero corpo. Capita non di rado che ci si metta a dare pugni sui tettini altrui, o che si incorra nella casistica di chi indirizza urla utilissime dal chiuso stagno del proprio abitacolo. Lo strombazzamento è un optional di cui quasi tutti sono dotati se non rientrano nella casistica dei gridatori sottovuoto.

Tutto ciò caratterizza gli ingorghi del mattino piovoso da quando l'automobile è diventata un bene di prima necessità financo per ogni tapino travet.

Adesso, però, c'è un nuovo fenomeno che, ben al di là di quanto suddetto, cagiona la totale paralisi del traffico: il fatto che pure lo smartphone sia diventato per tutti un bene di prima necessità. Quanto più il traffico è intenso, tanto più la gente, invece di incavolarsi, tende ad astrarsi immergendosi in dialoghi whatsapp pieni filmati di gattini peluchosi, botte e risposte così coinvolgenti da rendere totalmente dimentichi che si sta andando al lavoro, si è in macchina, si stanno impiegando due ore a fare cinque chilometri e probabilmente si verrà licenziati per assenteismo sul posto di lavoro. I semafori rossi sono la manna per l'astrazione. E quando ci si astrae ci si astrae, mica pizza e fichi. Il che significa che quando diventa verde si è così astratti che si crede di starsi rotolando in una piscina di gattini morbidosi pieni di fiocchetti rosa, e si permane con lo sguardo fisso sul monitor, senza azzardarsi a lanciare anche solo una minima occhiata al semaforo. Poi, magari, ci si accorge che sarebbe il caso di farlo dalle clacsonate distoglienti, si emerge dal torpore e si parte, magari quando il semaforo è già di nuovo rosso (si prende probabilmente anche una multa grazie alla telecamera della polizia municipale). Ciò fa sì che ad ogni verde passi una, se non nessuna, macchina.

Insomma, se piove andate a piedi, con l'ombrello.
Fate prima.
Ma non whatsappate troppo, se no rischiate di finire sotto una macchina auspicotassidermicamente zigzagante nel traffico.

venerdì 14 ottobre 2016

Visioni interne esterne e internamente sospese


Uno non sa mai se scrivere da lontano o quando è negli eventi fino al collo, che si sente vivo, che ha le idee a fior di cervello, ma è talmente immerso che cercare di vedersi globalmente è ben difficile, e quindi non ha quella percezione d'insieme, quell'inquadratura che prende tutto se stesso e anche il contorno e anche le persone e anche quello che fa visto da uno che se ne sta fermo ad osservare e riflettere. 
Se scrive da lontano, però, non ha quell'entusiasmo, quella necessità di scrivere che si ha solo quando in realtà non si avrebbe tempo di farlo. Ma poi, il tempo, per fare le cose necessarie, si trova sempre e comunque. 
Calvino, che era uno che scriveva sistematicamente, diceva che bisogna vedere le cose dall'alto, sorvolandole, con leggerezza. Ma si possono vedere le cose dall'alto quando ci si è immersi fino al collo? E quando ci si è impantanati senza che le cose manco siano? Come si fa ad andare in alto se si è fagocitati da sabbie (im)mobili paralizzanti soffocanti inglobanti? 
Forse l'unica soluzione è farsi una bella dose di Ketammina, spararsi un'esperienza extracorporea, fluttuare un po' sopra i se stessi impantanati, scrivere di questa visione, poi tornare giù, se si riesce, scrivere un po' dal pantano, poi fare la media delle due scritture. Però è macchinoso, la ketammina è un casino da trovare, bisognerebbe conoscere implorare corrompere medici o spacciatori, sembra una roba molto più complicata rispetto a usare la fantasia, staccarsi dalle cose contingenti, volare via da se stessi con quella, poi girarsi indietro, vedersi da su e trovarsi così insignificanti e stupidi e inutili e ininteressanti che forse non è nemmeno il caso di scrivere.

lunedì 10 ottobre 2016

Quinquennalità intellettuale ma non troppo, di sinistra, ma anche un po' di destra


Una sera sono finita in un covo di intellettuali umanisti supercerebrali e non osavo parlare, perché, da aziendalista resa peraltro opaca dagli anni di disuso, mi sentivo un po' a disagio.

Si sa cosa si fa quando ci si sente un po' a disagio e ci si ritrova a una cena, seduti in mezzo alle fonti di disagio, senza sapere bene come ci si sia finiti, anzi sapendolo, perché ci si è finiti con le proprie mani, anzi con i propri piedi. 
Ci si attacca alla caraffa del vinaccio.
Generalmente gli intellettuali di sinistra bevono cancarone in caraffa nei circoli ARCI dei peggiori quartieri proletari. 

Dopo qualche bicchiere, il disagio diminuisce, e la spigobloggosità fuoriesce anche a livello verbale. 
Incredibilmente, gli intellettuali di sinistra si accapannano interessatissimi intorno a me che illustro un semplice concetto di focussiana, ma direi anche cosmopolitana ispirazione. 
E' proprio così, quando si parla di rapporti non c'è intellettualità che regga; siamo quasi tutti degli incapaci pressoché assoluti, nonostante il superamento pluriennale della maggiore età e n lauree. 
E così, nei fumi dell'alcool, illustro la mia teoria nata dalla remotissima lettura di un articolo di "Focus" (boato di disgusto dagli interlocutori) secondo cui l'essere umano è istintivamente programmato per durare in coppia cinque anni, dopo aver ovviamente concepito un figlio quasi immediatamente, mosso dai più elementari istinti animali. Insomma, si ha voglia di stare insieme fintanto che il pargolame (anche solo presunto) non ha le capacità naturali di sopravvivere da solo. Che poi quelle artificiali ritardino bambocciosamente fino a 40-50 anni è una deformazione del sistema di cui alla Natura matrigna frega proprio un tubo. 
Da quando ho letto l'articolo, in età adolescenziale, ho deciso che non avrei mai fatto nulla di compromettente con qualcuno nei primi cinque anni di rapporto. Il che si è poi inquietantemente ricondotto al non fare mai nulla di compromettente con nessuno. 
Il capannello inizia a protestare che il mio punto di vista è terribilmente cinico, che in cinque anni in una coppia possono accadere cose compromettenti tipo sposarsi fare un figlio fare un mutuo insieme per questioni squisitamente tecnico-collaborative. Ribatto che anche le questioni tecnico-collaborative hanno un puzzo di cinismo terribile. E che il mio punto di vista è invece atrocemente romantico. 
Vengo pure battezzata l'elaboratrice della teoria degli incastri, perché agli intellettuali piace dare un nome alle teorie, in modo da poterle citare con altisonanza. 
Qualcuno dice che gli anni sono sette, qualcun altro asserisce che alla nostra presunta età intorno alla trenta-quarantina se si aspettano cinque anni si è fottuti, ma a me pare che si sia comunque fottuti, quindi, fottuti più fottuti meno, tanto vale prendersela in quel posto senza incastri. 
Il punto è che io mi sento sempre profondamente romantica. 
E' romantico e anche umanistico riflettere sul fatto che l'uomo, con la sua profonda (?) evoluzione emotiva, possa sopravanzare l'istinto curando un rapporto in modo tale che superi i paletti imposti dalla Natura. 
E' romantico aspettare (speranzosi) ogni (deludente) volta di verificare che sia davvero così, che il proprio rapporto sia "oltre".  
Ed è romanticissimo riuscire a farlo di nuovo, e di nuovo, e di nuovo. 
E' così romantico che, come quelle giostre con le gabbie al luna park, ad un certo punto il romanticismo si spinge così oltre da dare il giro. 
Il romanticismo portato all'empireo finisce per autodoppiarsi, per ricadere nel suo opposto agli occhi altrui, opposto che si può identificare nell'antiromanticismo, o cinismo. 

E così

 il superromantico è così oltre che sembra cinico. 

Il supercinico è così oltre che sembra romantico. 

Insomma, più passa il tempo più andiamo tutti così oltre che sembriamo tutti altro e nessuno capisce più niente.
Un bel casino.
Molto intellettuale.

E anche romantico.
Certificato dalla presenza del termine -romantic- per ben undici volte in un solo post (contro sei intellett-). 

domenica 9 ottobre 2016

Post velatamente autopropagandistico basato sul narcisismo altrui

Stefano Benni 
Alessandro Baricco
Niccolò Ammaniti
Umberto Eco
Gianrico Carofiglio
Elena Ferrante
Andrea De Carlo
Margaret Mazzantini
Valeria Parrella
Paolo Giordano
Silvia Avallone
Dora Albanese
Andrea Bajani
Marco Balzano
Gherardo Bortolotti
Cristiano Cavina
Irene Chias
Paolo Cognetti, Ivan Cotroneo, Alessandro De Roma, Mario Desiati, Andrea Di Consoli, Matteo Di Nucci, Peppe Fiore, Patrick Fogli, Giorgio Fontana, Alessandro Leogrande, Annalucia Lomunno, Francesco Longo, Matteo Marchesini, Marco Missiroli, Letizia Muratori, Paolo Piccirillo, Alessandro Piperno, Rosella Postorino, Christian Raimo, Veronica Raimo, Gianluigi Ricuperati, Roberto Saviano, Giuseppe Schillaci, Andrea Tarabbia, Giordano Tedoldi, Mary B. Tolusso, Caterina Venturini, Giulia Villoresi, Simona Vinci, Paolo Zanotti, Chiara Zocchi. 

mercoledì 5 ottobre 2016

"Le parole sono importanti. Gli * anche" - Un post su baci, raffreddori e altri romanticismi.


Attenzione attenzione, il raffreddore non si trasmette con un bacio!

Lo dice l'eminente dottor Ron Eccles, direttore del Common Cold Centre dell’Università di Cardiff, e se lo dice lui. 

Io, da buona ipocondriaca, leggendo le affermazioni riportate, per onor del vero, dall'ironica curiosa e librosniffatrice Francesca Saragaglia, sono un po' scettica. 

"Il virus si trasmette attraverso il muco e non attraverso la saliva, il che rende molto più pericolosa la stretta di mano, la quale, andando a toccare occhi e bocca, diventa veramente contagiosa".
In questa frase c'è la summa del modo di vedere il bacio da parte del dottore. Immagino sia abituato a contatti tipo quello di Spiderman, ma, adesso che ho scaricato la foto per metterla come immagine del post, direi che nemmeno questo è il bacio a cui si riferisce il ricercatore. Infatti lei sta mettendo una mano sulla faccia di lui. Immaginando un Peter Parker raffreddato, che si è soffiato il naso e si sarà messo qualche volta le mani in faccia, già solo per indossare la mascherina, Mary Jane Watson, facendo quel gesto per indirizzarlo meglio nel bacio (anche perché un uomo penzolante da un filo sarà quantomeno oscillante), o si laverà immediatamente le mani, oppure si contagerà mettendosele poi in faccia a sua volta, anche solo per grattarsi il naso, o mettersi degli occhiali, o stropicciarsi gli occhi, dato che è notte e avrà un po' sonno, o cose del genere. 
Nella vita normale, non mi è mai capitato di baciare qualcuno tenendo entrambi le mani dietro la schiena tipo vecchietto contemplatore di cantieri, o anche solo senza prendere le mani dell'altra persona, a meno che non si trattasse delle vecchiette barbute amiche di mia nonna che dovevo baciare per forza, ma sulla guancia, luogo dove, da raffreddate, avevano sicuramente raschiato il fazzoletto smoccolato e/o si erano toccate con le mani mucose. 

In più, di questi tempi, si sa, se si inizia con un bacio capita abbastanza spesso che poi contatti con il muco ce ne siano a bizzeffe. Sarà per per questo che "il 21% delle persone cancellerebbe un ipotetico secondo appuntamento se il potenziale partner si presenta raffreddato al primo"? Se si sono trattenute dallo scambio di muchi al primo, non lo faranno forse più al secondo? Ma poi di che stiamo parlando? Di un raffreddato cronico? In 3-4 giorni si guarisce, quindi è più probabile beccarsi un raffreddato incontrando qualcun altro a caso che rivedendo quello del primo appuntamento, che si spera abbia almeno un periodo di stasi prima di beccarsi un altro malanno. A meno che non sia immunodeficiente, cosa sempre meglio che deficiente, ragione molto più valida per non fissare il secondo appuntamento. 

Andando avanti nella lettura si evince che "il 46% delle donne non bacerebbe un uomo raffreddato e un quinto di noi non condividerebbe il letto con il partner raffreddato". Notare l'accorto uso mescolato di percentuali e frazioni. In questo modo non si afferra in toto l'irrazionalità di chi è stato intervistato. Un quinto è il 20%. Il 46% delle donne non bacerebbe al primo appuntamento un uomo raffreddato, ma solo il 20% non ci condividerebbe il letto. Adesso è tutto chiaro. Se una conosce uno su Tinder, putiamo caso, e costui si presenta raffreddato all'appuntamento e intende pure baciarla, nel 26% dei casi (46 - 20) lei gli dirà: "Sentimi bene, tu sei raffreddato, e io ho un protocollo da rispettare. Non bacio uomini raffreddati. Però non disdegno dormirci insieme. Vieni direttamente a casa mia e piazzati nel mio letto, sarei più rassicurata che a baciarti". Fantastico. Se fossi un uomo scriverei sotto il mio profilo "Mi presento agli appuntamenti solo raffreddato". Quelle frasi ad effetto che colpiscono per intelligenza. Poi incontrerei una facente parte di quel 26% che mi porterebbe a casa sua e condividerebbe con me un letto dotato di séparé di amianto irrorato da un continuo fiotto di polverizzazione antibatterica tipo dehors dei bar d'estate. 

"Per trasmetterci il raffreddore ad un appuntamento dovrebbero starnutirci in faccia"...anche questo, affermato verso fine articolo, non combacia con quanto affermato prima. Ma non bastava una stretta di mano? 

Nel dubbio, se sei una donna ipocondriaca, ti conviene comunicare a chiunque esca con te che scapperai,  tempestivamente e senza dare spiegazioni, non appena vedrai tracce di raffreddore*. 























*a meno che non sia l'uomo della tua vita.

martedì 4 ottobre 2016

Ammalarsi


Quando ci si ammala,
è un po' come se si precipitasse
in caduta libera
giù per un vuoto catacosmico
in cui si perde ogni appiglio.

Poi viene un momento in cui
si sente che
qualcuno ci tende un braccio,
o si riesce ad afferrare un giunco o un ramo sul bordo del precipizio,
e si smette di precipitare,
e si sa,
in quell'istante,
che si sta guarendo.

Arriva una volta in cui
il braccio non c'è
il giunco non c'è
il ramo non c'è
l'appiglio non c'è.

Si muore.


lunedì 3 ottobre 2016

Volere tutto




Quando vai a vedere una mostra di Ed Atkins al Museo di arte contemporanea del Castello di Rivoli, arriva un momento in cui ti ritrovi in una stanza in cui ci sono tre maxischermi uno dietro l'altro e non molto spazio ai lati. I filmati sono molto simili, ma non uguali.

Come fare?
Vederli tutti insieme non si può: se ne affrontano per intero al massimo due, il terzo rimane parzialmente coperto.
Il metodo due per volta in due cicli richiederebbe una memoria che pochi hanno, soprattutto vedendo qualcosa di astratto come le opere di Atkins. In realtà, anche a guardarli tutti e tre insieme, questi filmati, non è che si afferri proprio tutto (eufermismo), ma tant'è che si è curiosi e si vuole tutto.
Chissà che nell'angolino sinistro dell'ultimo filmato ci sia la visione risolutiva per la propria vita.

E allora come si fa?

Quando si ha un'intuizione di visione risolutiva si fa una corsa in avanti, per poi tornare indietro a verificare che la suddetta non sia passata proprio sul primo schermo mentre si era oltre, tipo esercizio del suicidio dell'allenamento per il basket.

Il primo risultato è che con il movimento oscillosuicidario si perde lo stesso numero di pezzi di filmato (anzi di più, ragionando in termini di superficie vista), ma anche un pezzo di milza.
Un secondo effetto può essere che, sudando, i proprio feromoni facciano svuotare o riempire la sala di altri visitatori, a seconda della natura di ciò che si emana.
Secondo legge di Bloch, nell'ipotesi che qualche parte possa davvero essere illuminante proprio per te, proprio in quel momento, era quasi sicuramente in uno degli angoli ciechi, nonostante il tuo agitarti correre sbracciarti disocchiarti per cogliere tutto.
Infatti ti guardi intorno e noti che la maggior parte dei saggi visitatori del museo non solo non corre, anzi corri proprio solo tu, ma non si mette nemmeno in posizione tale da vedere un maximum di superficie.
La stragrande maggioranza della gente si piazza davanti al primo schermo, sta lì tre minuti, poi se ne va, infastidita dal tuo movimento scriteriato che le disturba la periferia del campo visivo.

La grande e banale ma troppo frustrante per essere accettata verità racchiusa nella stanza è che non si può avere/vedere/provare tutto.
Che è stupido volerlo fare.
Che ci si fa un mazzo così, non si cava un ragno dal buco
e si passa per

squilibrati.

In compagnia, però, se Ed Atkins esiste davvero.
Ma esiste.
Quindi sì.

Dimenticavo che un'altra soluzione sarebbe abbattere un lato della stanza per poter arretrare abbastanza da vedere tutto, anche se le mie scarse cognizioni scientifiche e la mancanza di misure non mi permettono di stimare ora se sarebbe possibile.
La cosa certa è che, se si facesse, ci si ricondurrebbe
a passare per

squilibrati.

E anche a prendersi una multa o peggio.

La vita è frustrante.

Volere tutto, non si può.

Sembrare squilibrati, invece, si può.

sabato 1 ottobre 2016

Feromoni.com

Stavo scrivendo sui cani nelle strade, quando mi è venuto un legittimo dubbio: un animale può essere influenzato dai feromoni umani? Ho iniziato a fare ricerche infruttuosissime su google, in compenso mi sono imbattuta in questo curioso sito, peraltro scritto in impeccabile italiano, che mi ha distratta dalla precedente ricerca, cosa tipica di noi dissociati skizofrenici flipperati uomini del ventunesimo secolo.

I feromoni si vendono!

E ci sono persone che producono più feromoni di altre, anche se ormai tutte li emanano, grazie all'evoluzione della specie umana, solo con il sudore.
In pratica, meno ti lavi, più, se sei uno dei fortunati feromodotati, attiri gente dell'altro sesso che vorrà saltarti addosso tipo effetto Axe.
Se sei feromosubdotato, invece, potrai agevolmente rifornirti presso il sito feromoni.com e attrezzarti con i pratici profumi per ogni esigenza, con il vantaggio che potrai evitare di trasudare come un ghiacciolo su una piastra per attirare (?) persone.
Se si vanno a studiare le scientificissime pagine scritte con abilità dostoevskijana delle domande e risposte, si evince che i prezzi al grammo dei feromoni umani ammontino a cifre intorno ai 5.000-15.000 €. Quest'oscillazione lascia un po' perplessi, ma diciamo che già 5.000 € al grammo possono essere una cifra catacosmica per un fruitore, interessante per un fornitore.
E così, se si è persone un po' avvenenti, di quelle che appena si aggirano attirano abbastanza, quindi presumibilmente feromodotate, e pure sportive e quindi spesso sudate, si può pensare a un business con... con...boh, il nome non c'è, nemmeno la ragione sociale. Strano, un sito così scientifico.
In ogni caso, una volta trovati i produttori, si può proporre loro di comprare il proprio sudore, dotandosi di comode provette sottoascellari con lacci in morbido bambù bio ogni qualvolta si vada a correre o in bici o a camminare, in modo che possano sintetizzare e vendere il proprio escreto.
Pensate che libidine se si è già feromodotati e ci si irrora del concentrato dei propri feromoni sintetizzato in laboratorio.
Non si troverà l'amore della propria vita, ma almeno si attirerà un sacco di gente a caso.
Ci si autostimerà di stima (animalesca) riflessa.
Per trovare l'amore, invece, serve culo.
Ma prima o poi ci sarà pure culo.com (prestantesi a molteplici interessi), o fortuna.com.
Chissà come li sintetizzeranno.