LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

venerdì 28 febbraio 2014

The sidewalk after known as....


Una volta credevo che la vita fosse dura.
Mi davano fastidio i tacchi, soprattutto quelli a spillo.
Detestavo gli obesi.
Anche le persone magre ma alte.
Insomma, detestavo tutti quelli che pesavano più di 50 kg.
Ora, però, la vita è peggiorata.
C'è la crisi, e la sento pure io.
Ma perchè, perchè, perchè stanno vendendo più bici che auto?
Lo so, lo so, per la crisi.
Fatto sta ed è che un obeso è sempre meno pesante che un obeso in bici.
Poi la gente non ci sa andare, in bici. Con tutto sto bike sharing prende la bici anche gente che a malapena ci sta in equilibrio. E giù incidenti. Tutti a mie spese.
E poi ste bici del bike sharing pesano come se i tubi fossero pieni di mercurio. Mica sono quelle di carbonio che usano i fanatici delle bici da corsa, che tra l'altro, anche se mi danneggerebbero meno, pesando insieme alla bici assai meno dell'obeso senza bici, tendono a snobbarmi. 
Comunque io sono d'accordo con i pedoni.
Un marciapiedi nasce marciapiedi e deve morire marciapiedi. Sta storia che con la crisi bisogna essere elastici, riciclarsi, cambiare sempre, dimenticare il tempo indeterminato mi pare una boiata per chi ne paga le conseguenze detta da chi non le paga.
Anzi, quasi quasi faccio domanda di trasferimento. Al centro della tundra, mi faccio spostare.
Magari mi creperò dal freddo, ma pochi mi calpesteranno.

Firmato: il marciapiedi con pista ciclabile a lato prima consciuto come marciapiedi

mercoledì 26 febbraio 2014

Inconsapevoli o stronzi?


Da quando esistono le piste ciclabili non sono più lo stesso.
Una volta passeggiavo tranquillamente sui marciapiedi, consapevole del fatto che non potessi essere investito lì sopra se non da qualche pazzoide o sfigato automobilista (con contorno di tutta l'auto) che avesse un incidente tale da salirci.
Ora, invece, è stato invaso dalle cosiddette piste ciclaibili.
Prima camminavo tranquillo per tutto lo spazio, che era quindi mio, ora devo dividere il terreno con le biciclette. Mi chiedo come facciano a circolare con tutti questi gradini, cancelletti, paletti, tripli attraversamenti di strada, buche, salti. Il marciapiedi è fatto per chi marcia a piedi, lo dice anche la parola. Cosa ci facciano i ciclisti lì sopra è un mistero.
Per questo io continuo a comportarmi come sempre.
Cammino sul marciapiedi, che per nome è a me destinato.
Peccato che i ciclisti non siano affatto d'accordo.
I più passano a folle velocità, falciandomi, come se non mi vedessero e per caso non mi avessero schiacciato. Sarà la velocità che annebbia loro la vista? Questo spiegherebbe anche la totale assenza di segnalazioni che accompagna il loro arrivo. Già sono silenziosi, non potrebbero prendere un campanello o un fischietto? Devo però dire che quelli con il campenello o il fischietto, anche se meno pericolosi, sono assai più dannosi per il mio equilibrio psico-fisico. Uno che cammina sul marciapiedi avrebbe anche bisogno di stare un po' con se stesso, astrarsi dal mondo, ritirarsi nella sua dimensione in un luogo pacifico e privo di pericoli. E mentre uno è lì nell'ovattamento zacchete, anzi drinnete, arriva il ciclista risuonante, che vuole che ti sposti. Ma si sposti lui, che va così veloce. Io rimango dove sono. E manco mi giro a guardarlo, così non gli viene il dubbio che possa spostarmi. Esigo che sia rispettato il mio status di pedone e il mio diritto di vivere nel mio mondo quando sono al riparo dagli attacchi della strada.
Avevo anche un cane. Un giorno ero sul marciapiedi che lo lasciavo libero almeno di circolare per lo spazio permesso dal guinzaglio, ed è arrivato un ciclista. Il cane è volato da una parte, attaccato al guinzaglio, il ciclista dall'altra. Ho sofferto molto per la morte di Fido, ma goduto parecchio di più per quella del ciclista. Io me la sono cavata con qualche contusione, quel che ci voleva per poter deambulare ancora più lentamente sul MIO marciapiedi, chiedendomi se i ciclisti che mi vorrebbero tanto travolgere siano stronzi o semplicemente inconsapevoli.

Firmato: il pedone

lunedì 24 febbraio 2014

Trassoni o dementi?






Si sa, l'italiano medio è un trassone.

Se c'è una scappatoia per non fare proprio quello che si dovrebbe (e che nessuno fa), la imbocca. ovviamente, questo accade nel momento in cui gli conviene.

Andiamo ad analizzare una situazione di nicchia, in modo da scendere nello spefico e capire le cose in modo concreto.

Sulle piste ciclabili torinesi mi è venuto il dubbio che l'italiano medio non sia più un trassone scafato,  ma proprio un deficiente.

Uno scafato di bassissimo livello (perchè di solo bassissimo livello si può parlare, se ci si riferisce ad arguzie da pisrta ciclabile) sta dove non dovrebbe stare sulla pista ciclabile solo se ciò gli giova.
Ad esempio, se conviene imboccare la pista contromano per risparmiare strada e ridurre gli attraversamenti, un italiano trassone lo fa, stando attento a non farsi travolgere da un ciclista pedalante in senso contrario. Per questo cercherà di stare da un lato, e, se arriverà proprio un tifone pantanizzato dall'altro lato, si tufferà sul vicino marciapiedi, contravvenendo non a una, ma a due regole stradali (il senso contrario e l'invasione della zona destinata ai pedoni). Ecco, è meglio non provare a fare questa cosa a Amsterdam, pena la morte immediata conseguente a frontale dolorosissimo. A Vienna forse si prenderebbe solo una multa.
Anche se uno ha un camion, si trova in centro e deve scaricare, è chiaro che il posto più scafato su cui piazzarsi è la pista ciclabile. Raramente prenderà una multa, perchè il concetto di bici e pista ciclabile è praticamente sconosciuto alla polizia italiana. Il fatto che i ciclisti debbano circumnavigare il suo ingombrante scatolone parallelepipedoidale su ruote non lo interessa. Almeno finchè uno di loro non lo prenderà a pugli e calci. Questo potrebbe facilmente accadere, perchè chi percorre le piste ciclabili italiane è già innervosito a morte dal fatto che siano costellate di gradini, cancelletti, paletti, tripli attraversamenti di strada, buche, salti. Insomma delle odissee.

 Aggiungiamo poi  a tutto ciò la massiccia presenza di italiani non caratterizzati da una (più o meno) sana italianeria, ma da una vera e propria demenza:
  • l'italiano medio cammina con il paraocchi anche se il paraocchi non ce l'ha. E' sensibile solo a rumori molto forti, tipo rombi di motore e claksonate. Il suo vivere è incentrato totalmente su se stesso e sullo spazio che si trova nel suo campo visivo guardando dritto davanti a sè. Cammina sulla pista ciclabile come se non esistesse. Probabilmente non sa che esiste. Non si cura di girarsi a controllare se arrivi una bici o meno. Questo comportamento non gli conviene affatto, perchè rischia di essere investito e farsi male, in più è segno soltanto di ignoranza (del fatto di essere in pericolo).
  • l'italiano medio, se si ritrova davanti a un largo marciapiedi con una parte per i pedoni e una parte per i ciclisti, cammina su quella per i ciclisti. Casualità? Probabilmente. Demenza? Sicuramente, non essendoci vantaggio alcuno, ma solo svantaggi, a passare lì invece che 50 cm più a sinistra o a destra.
  • l'italiano medio dotato di cane lo lascia libero di scorrazzare anche in città, così dopo poco non è più dotato di cane. L'italiano medio ancora dotato di cane lo porta al giunzaglio in città. Ecco, di solito, in presenza di una pista ciclabile, il padrone sta con i piedi sull'estremo destro/sinistro della pista ciclabile, il cane con le zampe sull'estremo sinistro/destro (opposto al padrone). Pare che facciano una gara a chi evita di mettere la minima falange sulla parte pedonale, e, al tempo stesso, a tendere il filo del guinzaglio il più possibile, in modo da creare un effetto sparviero. Solo che qui non si gioca e il risultato di questa demente risoluzione è la morte o il ferimento di cane e/o ciclista in arrivo e/o padrone. Poco scaltro, molto demente.
Se si prende questo piccola nicchia e la si adatta ad altre situazioni, si può vedere come, con il tempo, il rapporto tra le persone che sbagliano consapevolmente per scaltrezza e quelle che sbagliano per ignoranza cambi a favore delle seconde.

Se ci si limita alla piccola nicchia qui analizzata, concluderei che andare in bici a Torino non è molto saggio, sano e nemmeno rapido.

mercoledì 19 febbraio 2014

Magic-moment-recorder


A volte capita che si stia vivendo un momento incredibile, tipo che si sta cambiando la storia, si sta chiacchierando con un personaggione dello spettacolo o della politica, o si sta avendo un mega successo professionale, o si compiono anni cruciali come 30, 50, 100 (gli ultimi tre effettivamente solo una volta nella vita, non per tutti, soprattutto l'ultimo), e si pensa di sapere che il momento in questione rimarrà affondato nella nostra memoria come il picchetto di una tenda.
Ecco, dopo un po' ci si accorge che quei momenti sono davvero rimasti nella memoria come picchetti di una tenda. Già, identici a quelli infilati in terreni sabbiosi a tenere ferme tende battute dal vento di maestrale.
Contrariamente, ci si ricorda con una nostalgia incommensurabile momenti del tutto insospettabili, tipo il giorno in cui si è guardato per l'83esima volta il muretto della propria casa e si è vista una crepa, o un quando si è mangiato il 2348esimo gelato nella stessa gelateria con la stessa persona. E' successo qualcosa di imperscrutabile, di cui non ci siamo accorti a livello conscio, ma per cui quell'istante rimarrà impresso per sempre, finchè camperemo, nella nostra mente, e tutte le volte che ci penseremo ci verrà quella nostalgia inspiegabile. Ci verrà nostalgia anche della volta in cui vomitammo blu, se è scattato il magic-moment-recorder del nostro inconscio.
A questo punto, consapevoli di ciò, instaurerem oprobabilmente un meccanismo di caccia al momento.
Uno vorrà pur ben sapere fin da subito quali sono i momenti clou della sua vita, senza aspettare domani per avere nostalgia.
E invece no.
Tocca aspettare.
E stupirsi da soli.
Un'altra volta.

mercoledì 12 febbraio 2014

Come stai?

Nella vita si chiede spessissimo come stai e si risponde tantissime volte alla domanda.
Generalmente la risposta è bene.
Si può tranquillamente essere sotto un treno (psicologicamente, dato che se lo si fosse fisicamente si mentirebbe spudoratamente) e rispondere bene. 
Lo dicono anche Niccolò Fabi e Daniele Silvestri in una canzone, non è previsto che si risponda per davvero. E se lo dicono loro, non è che voglia dire che ci sia da crederci, ma siamo già in tre a dirlo, io nel post e loro nelle strofe.
Il punto è che, se tutti quelli a cui si chiede come stai dopo il ciao iniziale si  mettessero a raccontare i loro veri stati d'animo, si sarebbe tutti fermi a parlare, e non si andrebbe più da nessuna parte.
 E' un po' come tra senegalesi, che quando si salutano si chiedono e si rispondono un sacco di cose su salute famiglia figli, e usano una formula prestabilita. Si accelera la parlata, e secondo me ben presto si diranno solo le iniziali delle verie parole che compongono la filastrocca da recitare, perchè con l'avanzare della velocità della società anche quei cinque minuti sono troppi.
Alla fin fine, rispondere bene a uno che chiede come stai è un modo per far girare la società, l'economia, la vita. E per infondere un po' di sano ottimismo plastificato, che fa tanto tanto tanto bene.
E poi, francamente, a quanti di quelli che ci chiedono come stiamo interessa veramente? Qualcuno c'è, ma la maggior parte della gente è terrorizzata all'idea che ci mettiamo a snocciolare i nostri successi o insuccessi e relativi sentimenti. Probabilmente, se non si rispondesse bene alla maggior parte, si otterrebbe il risultato di aprire un varco tra i nostri conoscenti tipo Mosé nel mare, dove i conoscenti sonoovviamente  il mare. Non che sapere che a nessuno frega molto di come stiamo sia tanto bello, ma forse è meglio continuare a diffondere una lunga serie di sani "bene" plastificati, considerando che se la gente pensa a noi infinitamente meno di quello che crediamo, questo vuol anche dire che forse si fa un po' meno i fatti nostir di quel che crediamo. Del resto, quelli glieli spiattelliamo orariamente e copiosamente su Facebook noi in prima persona e senza che ci sia richiesto.
 E si sa, le risorse scarse fanno più gola di quelle abbondanti.