LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

mercoledì 31 dicembre 2008

Anno nuovo, almanacco nuovo.


In questi giorni incrocio un sacco di persone che mi dicono tutte felici: "Auguri! Auguri! Buon anno!".

Io, ogni volta, vorrei fermarli e leggere loro il brano che trovate qui sotto.

Poi, è un po' lungo.

E non ce l'ho sempre con me.

Però, per voi, eccolo.

E' vero che è più lungo dei miei soliti post, ma merita.

E poi, mica l'ho scritto io.

L'ha scritto Leopardi.


Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere


Vend. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
Pass. Almanacchi per l'anno nuovo?
Vend. Sì signore.
Pass. Credete che sarà felice quest'anno nuovo?
Vend. O illustrissimo, sì, certo.
Pass. Come quest'anno passato?
Vend. Più più assai.
Pass. Come quello di là?
Vend. Più più, illustrissimo.
Pass. Ma come qual altro? Non vi piacerebb'egli che l'anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?
Vend. Signor no, non mi piacerebbe.
Pass. Quanti anni nuovi sono passati dacchè voi vendete almanacchi?
Vend. Saranno vent'anni, illustrissimo.
Pass. A quale di cotesti vent'anni vorreste che somigliasse l'anno venturo?
Vend. Io? Non saprei.
Pass. Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?
Vend. No in verità, illustrissimo.
Pass. E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?
Vend. Cotesto si sa.
Pass. Non tornereste voi a vivere cotesti vent'anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste?
Vend. Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse.
Pass. Ma se avestge a rifare la vita che avete fatta nè più nè meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati?
Vend. Cotesto non vorrei.
Pass. Oh che altra vita vorreste rifare? La vita c'ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro risponderebbe come voi per l'appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?
Vend. Lo credo cotesto.
Pass. Nè anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?
Vend. Signor no davvero, non tornerei.
Pass. Oh che vita vorreste voi dunque?
Vend. Vorrei una vita così come Dio me la mandasse, senz'altri patti.
Pass. Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell'anno nuovo?
Vend. Appunto.
Pass. Così vorrei ancor io se avessi a rivivere e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest'anno ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d'opinione che sia stato più o di più peso il male che gli è toccato che il bene; se a patto di riavere la vita di prima con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
Vend. Speriamo.
Pass. Dunque mostratemi l'almanacco più bello che avete.
Vend. Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.
Pass. Ecco trenta soldi.
Vend. Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.


G. Leopardi

martedì 30 dicembre 2008

Felicissimi


Un po' di giorni fa sono andata a comprare un registratore di dvd all'Unieuro, per regalarlo a mio padre, il poeta di due post fa, e a mia madre ( quella che fa queste cose).

C'era radio Unieuro accesa.

Sì, perchè loro son fighi, hanno anche la radio, loro.


Arrivo alla cassa, e, mentre sto pagando fior di quattrini, la radio gracchia: "Unieuro, entri ottimista, esci felice".
Io e la commessa ci scambiamo uno sguardo comprensivo, e in coro diciamo: "Mica tanto".


Poi, torno a casa e scopro che il registratore di dvd funziona solo per registrare dai decoder satellitari.
In pratica, si può solo registrare quello che già si sta vedendo. Se cambio canale, cambia canale pure lui.

Geniale.

I miei genitori sono genialmente felici di poter, alla loro veneranda età, rimediare agli attacchi di arteriosclerosi subiti durante la visione di un film o di un programma televisivo.

Ne sono talmente felici che mi chiedono di cambiare il registratore con uno che adempia alla sua funzione, cioè registrare qualcosa che non si sta guardando o non si può guardare.


Al che, ieri, armata di pazienza, sono tornata all'Unieuro.

Ho scelto un registratore di dvd che costava il doppio dell'altro, e sono andata dalla commessa.

Ho estratto lo scontrino e ci ho letto su: "Saremo felici di rivedervi".

Io e la commessa non ci siamo scambiate nessuno sguardo, ma in coro abbiamo pensato: "Mica tanto".

lunedì 29 dicembre 2008

Ottimizzazione discendente


Sono venuti a prendermi in macchina.

Io sentivo, sotto, la macchina in moto.
A me le macchine in moto in attesa danno un fastidio bestiale.

Allora, mi sono precipitata sul pianerottolo, ho infilato gli scarponi, quelli con tanti laccetti e gancetti fino a metà polpaccio, e mi sono infilata nell'ascensore, tutta slacciata.

L'ascensore impiega un'eternità a scendere tre piani, ma in quel momento quei trenta secondi sembravano pochi, di fronte alla marea di incroci che dovevano fare i miei lacci, senza contare il fiocchetto finale, con il doppio nodo, con le dita congelate che non riuscivano a infilare l'estremità dei lacci negli spazi giusti.

E così, la porta si è aperta, e io ero tutto ripiegata sui miei scarponi, con i lacci avvoltolati intorno alle dita, impegnatissima, lo sguardo verso il basso.

Sono passati trenta-quaranta secondi.

Io ero sempre lì che mi allacciavo le scarpe, sempre più innervosita dalla quantità di monossido di carbonio emessa dalla macchina che mi aspettava a pochi metri da me.

Poi, ho avvertito una presenza imprevista.

Al settantaduesimo secondo ho sollevato lo sguardo verso l'apertura dell'ascensore.

Alla mia sinistra troneggiava un signora che mi fissava incuriosita.

Era da settantadue minuti che aspettava che io uscissi dall'ascensore per prenderlo in salita.

L'ho fissata e le ho detto: "Scusi, stavo ottimizzando. Ma posso ottimizzare anche sul pianerottolo."

Lei non ha riso.
( neanche pasta. Lo so, lo so, quello che state pensando, ma dovevo metterla, ché a me sta cosa qui in sto blog ha fatto venire la grignarola).

Io ho ottimizzato sul pianerottolo.

domenica 28 dicembre 2008

Ho un padre poeta 2



Ieri mio padre ha fatto un'altra poesia, degna ( secondo LUI) di Guido Catalano.
Eccola:


UNTITLED


Sono entrato nel bar.

Avevo il casco e gli occhiali da sci.

La signorina mi ha detto: "Ciao!".

Io le ho risposto: "Ciao!".

Poi ho tolto il casco e gli occhiali da sci.

Lei mi ha detto: "Buongiorno".

Io le ho risposto: "Ciao".


Il poeta: Riki


NDR: mio padre si proclama un uomo al di sopra della mezz'età.

sabato 27 dicembre 2008

Lance spezzate sul bus ( non si tratta di un attacco di fanteria ad un bus, ma di ciò di cui leggerete sotto)


Ci sono dei giorni in cui si è sommersi dalle responsabilità, dalle valutazioni, dalle ispezioni, dalle richieste di puntualità, di capacità, di performance.

A me, in quei giorni, c'è una cosa che rinfranca.

L'autobus.

Sì, mi rinfranca, perchè so che nel momento in cui prendo l'autobus le responsabilità non sono più mie, ma dell'autobus.

Io sono responsabile di tutto quello che viene prima che il mio piede calchi l'ultimo gradino della salitina per entrarci dentro, e di tutto quello che viene dopo che il mio piede ha toccato terra a fine corsa.

Ma quello che succede mentre sono sul bus è una bolla di deresponsabilizzazione.

Esempio: studio da dove a dove devo andare a svolgere la mia attività responsabilizzante, forse valutata, forse ispezionata, dove sono richieste puntualità, capacità, performance.
Guardo ben bene gli orari dei bus.
Arrivo puntualissima alla fermata, portandomi dietro tutto l'occorrente per la mia attività responsabilizzante, forse valutata, forse ispezionata, dove sono richieste puntualità, capacità, performance.
Salgo sul bus.
Ahhhh...Da questo momento è il bus che mi porta. Cazzi suoi se deraglia, ritarda, schiaccia un cane/bambino/nonnino. Io ho fatto il massimo. Ora tocca al bus. Non posso più far nulla, nemmeno se lo voglio.
Una bolla di ossigeno, prima della folle corsa che farò dopo che il mio piede avrà toccato terra a fine corsa. Perchè dovrò recuperare il ritardo del bus, per arrivare a svolgere la mia attività responsabilizzante, forse valutata, forse ispezionata, dove sono richieste puntualità, capacità, performance.

Sempre che ci arrivi, a toccare terra a fine corsa.

venerdì 26 dicembre 2008

I veri segnali della crisi


La crisi, io, sulla mia pelle, non è che l'abbia provata molto.

Sarà che, con la mia assenza di stipendio, mi cambia ben poco se le azioni salgono o scendono, se le case costano di più o di meno. Diciamo che sarebbe come parlare di torrone a un vecchio non dotato di dentiera.


Però, ieri mattina ho provato la crisi sulla mia pelle.

Anzi, sulle mie gambe.


Se c'è un trait d'union nella mia vita, quello è il luogo in cui mi trovo il giorno di Natale.

TUTTI, ma proprio TUTTI i Natali della mia vita mi sono sempre trovata a casa dei miei genitori. Che si è sempre trovata, a sua volta, in un ridente paesino dal nome bizzarro.


In questo ridente paesino, quasi tutti gli anni, da quando ho tredici anni, quindi da ben sedici anni, la mattina di Natale, sono andata a correre, percorrendo sempre lo stesso percorso.


Questo è il primo anno che non ho fatto la gimcana tra cassonetti e corrispondente debordanza di scatoloni prima contenenti bambole in scala 2:1, e oggetti similari.


Ogni cassonetto era tristemente chiuso, senza debordanze di alcun tipo.


Niente gimcana.


Alla fine, per mantenere le tradizioni, ho costruito tanti scatoloni di neve, e poi ci ho fatto lo stesso la gimcana intorno.


Per mentenere la forma fisica degli anni precedenti.


Poi, mi sono accorta che non sarebbe stato il caso.


Anche il pranzo di Natale era intonato alla crisi.


E così ho provato la crisi anche sul mio stomaco.


Oggi sono ancora viva: questo vuol dire che alla crisi posso sopravvivere.

giovedì 25 dicembre 2008

NATALE


MI AUGURO CHE VOI, MIEI FIDATI LETTORI ,PASSIATE UNA BUONA FESTIVITA'.
QUALUNQUE SIA IL SIGNIFICATO DEL NATALE PER VOI, VIVETEVELO BENE, SE VI RIESCE!
SE NON VI RIESCE, PAZIENZA, TRA UN ANNO POTRETE RITENTARE, FORSE SARETE PIU' FORTUNATI.

lunedì 22 dicembre 2008

Post lungo, ma meno lungo della mia odissea postale

Come promesso, oggi scrivo il post polemico.


Si è infatti conclusa tutta la questione, così posso sviscerare il tutto per bene.


Un po' di tempo fa ho ricevuto questa raccomandata:



Ora, ditemi che numero c'è scritto.
Alle Poste, non l'hanno saputo capire.

Sono andata ripetutamente alla Posta Centrale di Torino, dove, più volte, ho fatto code di una o due ore, ritrovandomi dopo una o due ore con ancora una cinquantina di persone davanti.

Martedì sera mi sono armata di pazienza, e sono arrivata fin davanti all'impiegato che si trascinava mollemente, ondeggiando sulle sue Adidas, tra le scartoffie. Ero già scocciata, ma speranzosa di vedere la fine del tunnel.

E INVECE NO. Il tipo si avvicina a me, si tira su i jeans sotto le ascelle, si dà una grattata al cranio, e mi dice: "Deve andare a ritirare la sua raccomandata in via Adamello 85" E me lo scrive anche sulla raccomandata, che è ormai ridotta a un groviglio di scritte cancellate.

Io, via Adamello, non so neppure dove sia.

Anche perchè guardate qui ( indicativamente) dov'è casa mia e dov'è via Adamello:



Potete anche cliccarci su, ma vi assicuro che è a 7 km di distanza.

Ovviamente, è l'unica settimana dell'anno in cui non ho la macchina, perchè l'ho prestata ai miei genitori.

Il mercoledì mattina, all'alba, salto sulla bicicletta e pedalo fino in via Adamello, arrivando alle 8,30, per eludere l'eventuale coda.

Dopo un'ora di coda, per nulla elusa nonostante la pedalata albeggiante, consegno la cartolina e la sportellista mi guarda con faccia dubitevole.

Alle undici sono ancora alla Posta di via Adamello, dove una signora continua a occuparsi di me. Alla fine, mi dice che, come potete notare cliccando sulla raccomandata, il numero è illeggibile. Telefona a circa dieci altri uffici postali, che non sanno nulla della mia raccomandata.

Mi stufo, e pedalo fino alla Filiale centrale di Torino, dove parlo con una responsabile. Per fortuna, almeno lei è disponibile, e mi dice che provvederà a risolvere il problema.

Il giorno dopo, mi chiamano e mi dicono di andare a prendere la lettera alla Posta di Venaria... 15 km...

A questo punto sbotto: "O mi fate portare la lettera domani da un postino A CASA, o scrivo tutta la questione a Specchio dei tempi!"

Incredibile dictu, il giorno dopo, preavvisandomi ogni piè sospinto del fatto che il postino stia arrivando, con gentilezza suprema, il call center delle Poste mi intrattiene per tutta la mattinata.

Mi tocca pure mandare il tecnico della caldaia a revisionare la caldaia da solo, perchè sono tenuta a campeggiare attaccata al citofono di casa.

Alle 13, il postino arriva.

Firmo.

Prendo la lettera.

Apro.

Una multa.

Da andare a prendere a 8 km di distanza, ma dall'altra parte rispetto a via Adamello.

Pedalo per 8 km.

Ritiro la multa.

E' una multa per eccesso di velocità.

Andavo ai 77 km/h in una strada dove, con la tolleranza del 5%, avrei potuto andare ai 75 km/h senza prendere multe.

Penso che, in futuro, presterò più spesso la macchina ai miei genitori.

Almeno, le multe se le pagheranno loro.

sabato 20 dicembre 2008

Magliette invernali sotto diversi punti di vista


La maggior parte della gente, quando vede qualcuno correre in maglietta a dicembre, pensa che quel qualcuno sia un pazzo, oppure pensa "Che freddo!", o cose simili.

Pochi si chiedono se questo qualcuno sotto la maglietta ha la pelle, la canottierina di cotone, la canottierona di lana o lo scalpo di komondor di cui si è già parlato.

venerdì 19 dicembre 2008

Lati positivi dell'insegnamento

Oggi volevo scrivere un'invettiva, ma la scriverò quando avrò dati completi a cui fare riferimento.



Oggi, quindi, vi parlerò di un lato positivo dell'insegnamento.


E' un lato positivo soprattutto per chi ha nel cervello una serie di pensieri incontrollati e devianti, che si schiantano l'uno contro l'altro, caratterizzati dalla ricorrenza di un pensiero rispetto a tutti gli altri.

Andiamo a catalogare questi pensieri con sigle:
  • Pensieri devianti vari: PD1, PD2, PD3, PD4,...
  • Pensieri relativi a ciò a cui si dovrebbe veramente pensare in quel momento: P1, P2, P3,...
  • Pensiero fisso monomaniacale: PFM (non c'è un 1, non c'è un 2, non c'è un 3, c'è lui e BASTA!)

C'è gente che ha, quasi in ogni momento della giornata, pensieri del secondo tipo: la loro mente fa: "P1, P2, P3, P1, P4, P5, P3, ...". Queste sono le persone non stressate. Ipotizzando che gli eventi esterni non le alterino, possono svolgere qualsiasi incarico mantenendo questa lucidità.

Sono poche.

Poi, c'è gente che ogni tanto divaga in pensieri devienti, in proporzioni variabili. Una cosa del tipo: "P1, P2, PD1, P3, PD2,...", arrivando anche a punti come "P1, PD1, PD2, PD3, PD4, P2, PD5,...".

Qui, secondo la campana statistica, si colloca la maggior parte della gente.

Poi, ci sono quelli che deviano e hanno anche un pensiero fisso: "P1, PD1, PFM, P2, PFM, PD2, PFM,...". Per loro è un gran casino, perchè il pensiero fisso monomaniacale è una brutta bestia, e si rischia anche di scivolare nell'ultima categoria.

In ogni caso queste persone non sono poche come si potrebbe credere. Quasi quasi vanno a mordificare la campana statistica facendola diventare una specie di montagna piatta, una cosa come la Bisalta.

Poi, c'è l'ultima categoria: "PFM PFM PFM PFM,...". Questi sono quasi fottuti ( quasi in corsivo perchè è determinante).

Sono pochi, ma non così pochi.

Arrivati a questo punto, che c'entra l'insegnamento?

C'entra, c'entra.

Infatti, in una classe, chiunque entri, perde totalmente pensieri troppo alienati dal contesto, a meno che non voglia finire imbavagliato, seviziato e ejettato dalla finestra.

I ragazzi danno tantissima energia, e ne assorbono anche.

Quando si è in classe, si diventa una turbina: si raccoglie energia, la si trasforma e la si riemette in altra forma.

In tutto ciò, da quando si entra a quando si esce dalla classe, i pensieri si devono quasi inevitabilmente focalizzare su ciò che si sta facendo. E così, anche il più deviato e monomaniaco del mondo smusserà un po' i pensieri PD e PFM.

Ed è un bel sollievo!

Esempio di grande giovamento:

PRIMA DELL'ENTRATA IN CLASSE: "PFM PFM PFM PFM,...".

DOPO L'ENTRATA IN CLASSE: "P1, P2, P3,...,P12, PFM, P13,..."

Poi, poco importa che ad esempio P1 possa essere "Ma che *§#@ mi devo inventare per evitare che sti °#=## di alunni non si scannino con il tirapugni che hanno nella cintura?". E' pur sempre un pensiero relativo a quello che si sta facendo!

Il brutto è che, appena si riesce, si ricomincia con i pensieri di prima.

"PFM PFM PFM PFM,..." -> ENTRATA IN CLASSE "P1, P2, P3,...,P12, PFM, P13,..." -> USCITA DALLA CLASSE "PFM PFM PFM PFM,..."

Ci si può consolare dicendosi: "Meglio essersi rifocalizzati che non essersi mai defocalizzati". Era così, vero, la canzone di De Andrè?

mercoledì 17 dicembre 2008

Puzzolenze


Se avete delle scarpe puzzolenti, potete deodorarle finchè volete, ma il risultato sarà sempre un puzzo fetente coordinato a un deodorante.

Meglio buttarle via.

Diverso è se vi puzza lo sgabuzzino.

Ché lo sgabuzzino è più impegnativo da buttare via.
.
Poi ci sono anche altre robe ancora più impegnative.

martedì 16 dicembre 2008

Abilità internettiana

Trovato spulciando il sito di Donna moderna:



E' vero che sono anche io una donna.

E' vero che ci sono cose più belle da fare che imparare a usare internet...

Ma a capire che dove c'è scritto "Cerca" bisogna immettere la propria ricerca e poi spingere il tasto invio con il proprio ditino pensavo arrivassero tutti.

Invece così non è.

Guardate le top ricerche...

venerdì 12 dicembre 2008

Empatia femminile


Io correvo in maniche corte e avevo un caldo pazzesco.

Lei camminava avvolta nello scalpo di un komondor e aveva freddissimo. Infatti, con voce veramente sofferente, ha detto: "&%§@# che freddo".

giovedì 11 dicembre 2008

Dialogo tra un gruppo di tentati corrompenti e un corrompendo mancato


TC: Ecco, prenda questo pensierino ( porgendo un pacchettino di cioccolatini).

CM: Oh, grazie, grazie, che gentili.

TC: Oh, non è niente.

CM: Oh, ma sì che è. Devo dire che tutti quelli che vi hanno preceduti non mi hanno mai fatto un regalo simile.


QUAL E' LA DIFFERENZA TRA I TENTATI CORROMPENTI ATTUALI E COLORO CHE LI HANNO PRECEDUTI?


Che i tentati corrompenti attuali sono più ingenui.

Ormai con 20 euro non si compra più nessuno.


A dire il vero, con 20 euro non si compra nemmeno più niente.

martedì 9 dicembre 2008

Mani livide


Oggi ero a scuola, di mattina.

Per andarci, mi sono sorbita mezz'ora di bici alle otto.

Un gelo totale.

Tremavo tutta.

In classe, ho fatto lezione con la giacca e le mani in tasca.

Tremavo tutta lo stesso.

Poi, sono andata al bar.

Tutta tremante, mi sono fatta una caraffona di thè caldo.

La mia tutor mi ha guardata e mi ha detto: "Hai le mani livide".

Tutto subito, non ci ho fatto caso.

Poi, nel pomeriggio, a lezione ( questa volta subita da me), tremavo tutta.

Ho fatto l'intervallo, con le mani calcate nelle tasche dei jeans, e tremavo tutta.

Mi sono guardata le mani, ed erano VIOLA.

Sembravano le mani di una morta.

Dai polsi in su, tutto regolare.

Una compagna voleva chiamare il 118.

Mi sono seduta e ho tolto stivali e calzini, per vedere com'erano i piedi.

Rosa.

Le mani, sempre più viola.

Nella seconda parte della lezione subìta non facevo altro che guardarmi mani.

Il mio vicino mi osservava preoccupatissimo.

Nella mia mente sfilava questo, e anche questo. Ad un certo punto, poi, è sfilato pure questo.

E intanto tremavo.


Poi, ho capito.

Le soluzioni al mio problema sono due, principalmente:


  1. non mettere più le mani nelle tasche dei blue jeans che ho addosso;

  2. mettere le mani in tasca a pantaloni che non stingano come i blue jeans che ho addosso.

domenica 7 dicembre 2008

Pedagogia applicata



Dato che faccio la SIS, ormai mi sento già un po' più pedagogica di prima.
E alla SIS ci spiegano che dobbiamo seguire alcune regole, tra cui le seguenti:



  • si deve imparare dall'esperienza

  • bisogna prevedere gli imprevisti.


Oggi, poi, ero felicissima, perchè ho potuto mettere in pratica questi saggi insegnamenti.

Infatti, ero in bici in controsenso in una strada trafficatissima. C'era varia gente sui marciapiedi, e un signore, di gran fretta, porgendomi la sua nuca pelata, si è buttato ad attraversare la strada.

Io, ovvero l'imprevisto, che arrivavo a tutta velocità, l'ho beccato in pieno con la ruota davanti. Il signore si è schiantato contro un pilastro dei portici, rompendosi tutti i denti contro il duro cemento.
Al che, sono scesa dalla bici, l'ho raggiunto e ho ticchettato delicatamente con l'indice sinistro sulla sua spalla lussata: lui ha girato il collo rotto e mi ha fissata con gli occhi iniettati di sangue.

Gli ho detto: "Signore, grazie a quest'esperienza la prossima volta lei saprà prevedere gli imprevisti". Esperienza e imprevisti in corsivo, perchè sono le parole chiave. Ho messo il corsivo nell'intonazione, per dargli un po' di metodo.


Lui, però, non mi è parso molto contento.

Ma non per questo io perdo la mia speranza pedagogica.

sabato 6 dicembre 2008

Bamboccione


Chi è un bamboccione?

Contrariamente a quanto si potrebbe supporre, non si tratta di un grosso Ciccio bello.
Spesso è grosso.

Spesso è ciccio.

A volte, ma più di rado, anche bello.

Ma il bamboccione vero, per definizione ( mia), è l'ultraventenne che, insouciant, vive una vita BAMBAGIAta adagiato negli agi della famiglia di origine.

venerdì 5 dicembre 2008

Nemmeno il destino

Mina cantava: nessuno, ti giuro, nessuno, nemmeno il destino ci può separare...
E in questo film? Cosa non può fare il destino?


Quando ho iniziato a vederlo, non lo sapevo.

Ne ho visto un pezzo, diciamo una mezz'oretta, tre quarti d'ora, e poi mi sono detta: "Mazzate oh, che bel film" e anche "Vediamo un po' chi è sto Daniele Gaglianone".

Ero così contenta che sono andata su Facebook e ho cercato "Daniele Gaglianone", per vedere quanti fan club ha, quante persone hanno costruito la sua identità finta ( se si pensa che Del Piero ha più di cento risultati e Rocco Siffredi 489..), e invece niente. Non solo il suo nome, seppur correttamente inserito nella ricerca, è surclassato da Gagliano Carmelo Daniele, Daniele Gagliano e Daniele Guaglianone, ma è pure un anonimo risultato isolato senza la foto. Io ci ho provato lo stesso, a farmelo amico, dato che fan del fan club non potevo diventare per inesistenza dello stesso. Ora vedremo.

Ma il nocciolo mica è qui. Il nocciolo è che, oltre a dirmi "Mazzate oh, che bel film" e "Vediamo un po' chi è sto Daniele Gaglianone", mi sono anche detta "Cerchiamo il film su uno di quei siti tipo Mymovies e allegra combriccola.

Non l'avessi mai fatto.

Soprattutto non l'avessi mai fatto dopo aver visto solo mezz'ora-tre quarti d'ora di questo film che mi piaceva una cifra.

Infatti, ho subito scoperto cosa non può fare il destino, in modo minuzioso minuzioso che più minuzioso non si può. In quelle presentazioni c'è scritto TUTTO sul film, ma proprio tutto quello che succede, e come succede, fino all'ultimo minuto.

Il mio consiglio è: guardatevi sto film senza leggere nessuna recensione, ma, se proprio volete leggerne una, cliccate sulla locandina qui sopra, ché almeno lì non è riassunto il film.

giovedì 4 dicembre 2008

Vite smunte


Fin da piccola, sono sempre stata molto interessata alle altre persone.

Mi piaceva pensare a cosa potessero immaginare, a come fossero le loro vite, a come fossero state le loro vite.

Infatti, appena potevo, per capire il passato delle persone, guardavo tutte le foto di quando queste persone erano piccole.

Le più a portata di mano erano quelle di genitori e nonni.

Stavo ore e ore a studiarmi le loro immagini, e pensavo a quanto ero fortunata io, in confronto a loro.

MI DICEVO CHE:
  • Io avevo la tv, loro no.
  • Io potevo andare con i pattini a rotelle sulle strade asfaltate, loro avevano le strade sterrate.
  • Io avevo avuto i pannolini Pampers, loro invece se ne stavano fasciati in una specie di carta igienica di cotone.
  • MA SOPRATTUTTO io avevo sempre vissuto in un mondo a colori, loro, fino a una certa età, vivevano in un mondo in bianco e nero.

mercoledì 3 dicembre 2008

NON SONO UNA POETESSA


Io non sono una poetessa.

Penso che sia chiaro, che non sia il caso che ve lo scriva.
Ma non si sa mai.
Potebbe essere non chiaro a qualcuno.
Potrebbe residuare uno 0,000001% dei miei scarsi lettori con l'idea che io sia una poetessa o che possa anche lontanamente diventarlo.

Perciò ve lo scrivo e vi dico anche perchè non lo sono.

Non sono una poetessa perchè:
  • non vado quasi mai a capo, e se vado a capo lo faccio perchè è finita la pagina;
  • non faccio le rime, nè baciate, nè concatenate, nè altro;
  • non penso robe poetiche;
  • non dico robe poetiche;
  • non faccio robe poetiche ( chiedete a chi ha/ha avuto il piacere di condividere lunghi momenti con me);
  • il mio campo di azione è l'economia aziendale, sapete, robe da ragionier Filini;
  • non mi pubblicano libri di poesie, e nemmeno altri;
  • non ho mai vinto concorsi di poesie ( ma ne ho vinti di prosa).

Ora, se avete letto questi punti, già parecchio significativi ma ancora molto meno convincenti della mia persona in sè e per sè, avrete dedotto tutti, al 100%, che IO NON SONO UNA POETESSA.

Dato che non sono una poetessa, non devo sottostare al decalogo dettato dal poeta Guido Catalano ( se volete leggervelo, cliccate sulla parola decalogo di 14 parole fa, ché a incollarla qui mi viene tutta appiccicata, e poi sembra prosa e non poesia).

Quindi, POSSO SCRIVERE!

Solo il poeta non può scrivere.

Risparmio carta, perchè non stampo le poesie che del resto non scrivo, e non devo neppure mangiarmi il foglio.

Non ho nulla da andare a leggere in giro, i miei spigolettori se li leggono da soli, i miei post, e se mi dicono che bel post posso anche crederci.

Non corro il rischio che qualcuno mi colpisca fortissimo in fronte con il palmo della mano aperto gridando "suca", anche se di quest'ultimo fatto non sono convintissima, pur non essendo una poetessa.

Ma la cosa principale, è che posso anche accendermi sigarette con la fiamma ossidrica.

Però, dato che non fumo ma ho già esperienza in altri campi, potrei mettere su un allevamento di maiali che ciberei a caviale e ostriche. In questo modo, sarei un'allevatrice e non una poetessa, nè una scrittrice.

La seconda cosa, però, mica mi dispiacerebbe.

martedì 2 dicembre 2008

Pattume intubato


Un po' di tempo fa vi ho promesso di parlarvi dei tubi di scarico del pattume.
Dato che ogni promessa è debito, oggi mi sdebito.
I tubi del pattume sono un'invenzione fighissima.
A parte il fatto che sono dei vettori efficientissimi di blatte & co.
I tubi del pattume sono belli perchè "tutto quello che ci butti dentro scende per piani e piani ed atterra in bidoni del pattume".
Per esempio, se tu ti butti nel tubo del pattume, scendi per piani e piani ed atterri in bidoni del pattume.
Se sei grasso, ti incastri e non scendi per nulla.
E questa è già la prima controprova della frase virgolettata suddetta.
Un giorno, presa da profonda distrazione, ho chiuso casa con le chiavi, ho messo le chiavi in una mano e il sacchetto dell'immondizia nell'altra, e sono andata davanti alla bocca del tubo del pattume al quarto piano. Poi, ho buttato le chiavi nel tubo e ho messo in tasca il sacchetto dell'immondizia. Il sacchetto, nella tasca, non è entrato, ma le chiavi, nel tubo, sì.
Sono entrate nel tubo e io ho pensato che la frase virgolettata fosse universalmente valida. Ragion per cui, ho rovistato per mezza giornata nei grossi bidoni del pattume a piano terra.
Ma la frase, come già detto, non è sempre valida.
Le chiavi, infatti, colte da forza centrifuga nella discesa rotante, trovato un nido di blatta con finestra sul cortile, avevano fatto un volo pindarico, per atterrare in un punto irraggiungibile da essere umano in un angolo del suddetto cortile. Al che, quel giorno, che, anche se lavoravo, era pur ben un sabato, mi sono messa a fare cose che di solito la gente fa di sabato. Tipo armarmi di canna da pesca ed esca, e darmi alla pesca.
Delle chiavi.

lunedì 1 dicembre 2008

Dover morire


DOVER MORIRE è più stimolante e relativizzante che triste e doloroso.
E' MORIRE che, a volte, fa un po' male.