LE COSE CHE SCRIVO IN QUESTO BLOG SONO FRUTTO DELLA MIA FANTASIA (BACATA).
QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ESISTENTI E' CAUSALE.

venerdì 30 marzo 2007

Un caffé non fa primavera

Ci sono periodi un po' non chiamiamoli sfigati, chiamiamoli decontratti.

Ebbene, sono in un periodo decontratto.

Che poi non so neppure se in italiano si capisca cosa vuol dire decontratto.

Però in francese suona benissimo.

Décontracté è colui che si rilassa.

Io, sarà perché è primavera, sarà perché sono così di natura, in questo periodo sono molto décontractée.

Io, non i miei muscoli, ma sarà perché qualcosa qualcuno lo deve pur fare per porre freno alla me décontractée.


Ieri, per esempio, ero in bagno e avevo il cellulare nel taschino posteriore dei jeans.

Non mi tiro giù i pantaloni e non mi si tuffa il telefono dritto dritto di testa nel pozzetto del vater?


Oggi, poi, ho superato me stessa.

Giornata troppo nebbiosa per andare a lavorare in bici.

Prendo la macchina.

Ma quando devo imboccare il Viale, invece di prendere la strada, prendo la pista ciclabile.


Qualcuno mi fa un bonifico di 90 cents per offrirmi un caffé virtuale?


giovedì 29 marzo 2007

Colpo di fulmine


H2O


Decido: oggi piscina.
Anzi, decido non solo oggi, ma perfino ieri.
Problema: gli occhialini. Quelli che ho, diventano loro la piscina appena mi immergo.
Spedizione dai genitori in cerca di occhialini decenti. Mio padre mi porge sorridendo a 475 denti un sacchetto con un campionario invitante (e scusa Vale, ma faccio un altro elenco...):


  • gli occhialini che avevo dismesso nel '90, quando, oltre ad entrare l'acqua, erano più rigati di un gessato;

  • gli occhialini di una tartaruga, con distanza pupilla-pupilla di circa 10 cm, non regolabili;

  • occhiale-maschera con copertura dei 4/5 della faccia, utilizzabili anche per cordate su ghiacciaio.

Sono costretta a optare per l'ultimo esemplare, pur portandomi appresso tutto il sacchetto.


Passo a prendere il mio amico, e poco dopo siamo in piscina. Mi viene sinceramente da strisciare sotto la reception quando scopro che la modica cifra che dovrò pagare è quella di 7 euro sonanti. Beh, mi dico che saranno un incentivo per nuotare di più.


Certo, perchè la finalità è quella di fare il mio record assoluto di vasche, di uscire dall'acqua senza più un briciolo di energia nei muscoli, di ritrovarmi alle dieci negli spogliatoi con le spalle di Schwatzeneger (ma perchè mai ne ho scelto uno così difficile da scrivere a quest'ora del mattino?).


In spogliatoio, indosso la mia cuffietta fashion, appertenuta anch'essa a mio padre, in barba alla sua decorazione zebrata a striscie nere, argentee e bianche, sforco gli occhiali da vista e inforco la mascherina da ghiaccaio estremo, piombando nelle tenebre della cecità. Entro in un mondo pieno di oggetti rosa sfocati semoventi non identificabili. Il mio amico mi ha detto di avere costume cuffia e occhialini neri, ma mi sarebbe impossibile distinguerlo in questo marasma di corpi ectoplasmatici, se non fosse qui davanti a me a sventolare le mani e a dirmi: "Yu-hu, sono qui".


Il momento dell'azione arriva: mi tuffo tra la gente. Dire "Mi tuffo nell'acqua" sarebbe esagerato, infatti di acqua se ne vede ben poca, perchè a inizio vasca sono ammassate circa quindici persone per corsia.


Inizio la mia nuotata cercando di schivare unghiate bambini a dorso gomitate dai vicini di corsia. E poi dicono che il nuoto è rilassante.


1 2 3 4 5 6 vasche. CRAMPO AL DITO MEDIO DEL PIEDE. Arranco fino al bordo vasca. Un quarto d'ora e un litro d'acqua bevuto (magari serve...) dopo sono di nuovo in campo.


7 8 9 10 11 12 vasche. CRAMPO AL SOLITO DITO MEDIO DEL PIEDE. Torno in bagno, però in quello dei disabili, dato che sono accecata. Bevo di nuovo, a vuoto. Mi trascino per la piscina strisciando il piede a terra per evitare che mi si arricci ulteriormente il dito. E passano altri 20 minuti.


Quando mi riprendo, mi rituffo, ora in acqua, perchè il casino è diminuito, e riprendo le vasche, a rana, lentissimamente. 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 CRAMPO AL DITO MEDIO DELL'ALTRO PIEDE.


Esco e mi affloscio definitivamente sulla panchina. Il bagnino mi si avvicina, con la panza avvolta nella maglietta rossa da bay watch della bagna caouda, e mi dice: "E' la mancanza di allenamento". Mancanza di allenamento una cippa, caro mio, questa settimana ho corso pedalato ginnasticato schiacciato il tubetto del dentifricio masticato, sono allenatissima, IO!


L'ultima mezz'ora, quando la vascha è semideserta, la passo con il bagnino che mi stiracchia invano tutti i muscoli delle gambe. Il crampo ha deciso di star comodo, e si è allargato a tutte le dita dei piedi, e anche ai polpacci. Bay watch, che per me rimane una chiazza sfocata rossa con sopra una chiazza più piccola sfocata rosa, sottolinea che o sono fuori allenamento o ho esagerato. Dulcis in fundo, scopriamo che facciamo lo stesso lavoro, e la seratona sportiva finisce parlando di ticket restaurant, orari, straordinari.


Per fortuna dopo andiamo in un pub. Per fortuna mi bevo un bicchierone di ACE, che ha dentro tutte le vitamine immaginabili salvo il potassio.


Apro il portafogli per pagare, e....dov'è la carta d'identità? IN PISCINA!


mercoledì 28 marzo 2007

VEDO preVEDO straVEDO

Essere imprevedibili per gli altri può essere positivo; sei considerato
interessante
misterioso
seducente
divertente
carismatico

Essere imprevedibili anche per sè stessi, invece, diventa
UN VERO ROMPIMENTO DI @@!

martedì 27 marzo 2007

FISHING

Oggi ho un'ispirazione, ma un'ispirazione che rasenta terra.

Cosa propongo allora?
Propongo il fishing. Cioè pescaggio.

Prendete un vocabolario.

Apritelo a caso, e cercate una parola.

Su quella parola inventatevi qualcosa, qualunque cosa, e scrivetela. Magari come commento a questo post, ché mi sento un po' a vuoto di commenti e poi mi deispiro e si torna alla prima riga, cioè che ho un'ispirazione, ma un'ispirazione che rasenta terra.







Provo io.

Non ho un vocabolario a tiro.

Pesco in un manuale operativo.



STAZIONARIETA'.



Certo che il destino stamattina è avverso.

Dunque, stazionarietà.

E che ci scrivo?



Sotto un
Terribile
Acquazzone
Zigzagavo
Ignava
Operando
Nell'acqua torrenziale
Articolati
Reticolati di
Itinerari
E percorsi per
Tornare
Al punto di partenza.



Va bene, provate anche voi.

Magari avrete più successo.

lunedì 26 marzo 2007

Un punto macrobiotico

Ieri ho spolverato la mensola della libreria, dov'erano appoggiati ammassi gattosi di incensi e candele.

Ho messo su un incenso al Patchouli, dato che per la prima volta in circa due anni sapevo che nessuno mi avrebbe detto: "Che puzza tremenda metti via sto coso ho già mal di testa".

Era l'incenso che avevo trovato per la prima volta a "Un punto macrobiotico" a Nervi. A dire il vero, e spero che questa pubblicità neutralizzi ciò che sto per dire, era in bagno, e mi era talmente piaciuto che avevo dovuto dare corda alla vena cleptomane che c'è in me, e me n'ero infilata una stecca sotto la maglietta. Il che non era stato comodissimo: essendo agosto, avevo su un vestito leggerissimo, e sembrava che mi avessero steccato la pancia.

Tutto ciò, per approdare, con un'associazione mentale rapida, rapida come i miei riflessi mattutini da cambio d'ora, a parlare di questo punto macrobiotico.

Entri, ti ritrovi in un posto fatto di tavolini di legno e persone di ogni sorta, con camerieri-proprietari un po' stinti (nel senso che non sono tinti, neanche le donne neanche quelle con i capelli lunghi, cosa che distruggeva psicologicamente la mia collega). Ti servono un thè tiepido e ti portano del cibo senza sale quasi senza carne e senza nulla dei condimenti universalmente noti. Ti siedi lì in mezzo ad altra gente che mangia ai tavolini in legno, spegni il cellulare, o fingi mettendo il silenziatore, perchè c'è scritto. Salvo poi trovarti la borsa che cammina da sola sospinta dal vibracall. Ti distendi tantissimo, ti godi i piattoni giganteschi pieni di verdure in proporzioni commisurate al fabbisogno di grassi proteine vitamine e chi più ne ha più ne metta. Quando sei bello rilassato, ti alzi, con la pancia gonfia come un pallone areostatico di vapori di legumi vari e di thè, e dici: "Ahhhh, come sono pieno, mi sembra di aver mangiato un bue per traverso - ovviamente un bue di soia -".

Poi esci circospetto, ti precipiti nella gelateria buona, quella d'angolo, che fa la crema così buona, con quell'aroma di limone, e ti scofani una coppa magnum da 12 euro.




PS L'incenso al Patchouli l'ho poi comprato eh!


PPS Se ci andate, provate anche le caramelle macrobiotiche. Si attaccano ai denti come mastice ma sono buonissime! (con quest'ultima pubblicità dovrei essere a posto).



venerdì 23 marzo 2007

ULTIMO GIORNO DELLA VITA


Mi sa che forse non sia una buona idea vivere ogni giorno come se fosse l'ultimo.


Ma voi che faresti se sapeste che oggi è l'ultimo giorno della vostra vita?

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Io farei cose che comprometterebbero notevolmente il mio futuro, sapendo che comunque non esiste. Farei cose del tutto autolesionistiche, che non mi permetterei mai di fare nel caso in cui sapessi di avere ancora del tempo da vivere.


Ma chi è la persona che ha tirato fuori questa malsana idea?

mercoledì 21 marzo 2007

C'era una donna

Quest'estate uscivo dal lavoro all'ora di pranzo.
Passando davanti ad una panetteria, avevo notato che da un po' avevano piazzato proprio lì, in una piazzetta che nessuno riconosceva come piazzetta, due panchine, a V, come per dire: guardate che qui c'è una piazzetta. Avevano messo anche un vaso pieno di terra, tanto per ribadire la cosa.
Io avevo pensato che nessuno si sarebbe seduto, e così infatti è stato.
Ma quel giorno c'era una donna.
Era seduta sulla panchina.
I capelli d'un biondo quasi senza melanina, la pelle chiarissima, vestita con un vestito bianco, una tunica da cui pendevano tantissime paillettes luccicanti. C'era il sole, e le paillettes luccicavano in tutte le direzioni. Mangiava una focaccia, avvolta in un incarto enorme stropicciato.
Guardava un punto lontanissimo, senza muovere le pupille.
In tutta la sua persona immobile, le uniche cose che muovevano erano le paillettes festose e la mandibola che ruminava lentamente la focaccia.
Quello sguardo lontano, me lo ricordo ancora ora.

martedì 20 marzo 2007

IDI

Oggi è una giornata troppo grigia.
Iniziata con un vecchietto incartapecorito con tanto di cappello su una Punto che, in arrivo a 30 km/h sullo stradone, ha iniziato a strombazzarmi furiosamente in quanto gli attraversavo la strada all'incirca 800 m di distanza, per poi mandarmi a quel paese con un ampio gesto del braccio, per quanto consentito dall'abitacolo.
Dato l'esordio, direi che posso azzardarmi a incollare qui sotto una mia poesia scritta in un giorno più plumbeo di questo.

Il titolo è: IDI

Toccami
Sono pelle liscia
Pelle fredda di cadavere

Annusami
Sono profumo inebriante
Profumo di benzina
Che ti brucia i polmoni

Guardami
Sono luce del sole
Che ti abbaglia ed acceca

Ascoltami
Sono canto di sirena
Ultrasuono che ti assorda

Assaggiami
Sono nettare d’uva
Rosso sangue
Sgorgante da taglio vivo

Prendimi
Mondo
Remoto
OffuscatoIgnoto

venerdì 16 marzo 2007

Ricordarsi di non dimenticare

Stamattina sono uscita di casa. Poi ho ricordato di dover ricordare due cose per stasera:
  1. prendere gli occhiali da sole;
  2. prendere il libro di Giovanni Lindo Ferretti da restituire.

O cavolo, ma come farò a ricordarmeli?

E, nella mia mente annebbiata dallo splendido sole e dalla visione di tre africani con cartelline rosa che m'impacciavano il passaggio in strada, ho maturato un'idea.

Userò quel metodo là, quello di mamma e papà all'epoca delle tre dita raggrumate in un piede di maiale monco per trovare parcheggio, delle loro sedute semispiritiche sui tappeti del salone ad ascoltare una voce soporifera saggia ad una radiolina gracchiante.

Fase mnemonica del metodo: associazioni assurde che miracolosamente riaffioreranno nella mente al momento della necessità (più o meno come i parcheggi che compaiono al solo sospetto di tre polpastrelli radunati a crocchio).

Ok, quando tornerò a casa troverò Giovanni Lindo Ferretti appeso alla mia porta, con la giacchetta nera inchiodata al legno. Indosserà i miei occhiali da sole.

Guarderò nelle sue tasche e vi troverò la verità, ma questo non c'entra con il metodo di mamma e papà, questo c'entra con quello che ho letto nel suo libro: Ferretti non ritiene, Ferretti non pensa, Ferretti SA.

Beato lui.

E poi, come direbbe una persona che ora non è più nella mia vita (tranquilli, non è morto, c'è ancora, nella sua, di vita), ottuso e sedicente è colui che pensa e ritiene, saggio è colui che SA.

Entrerò dalla porta, la sbatterò facendo rimbalzare per bene Giovanni Lindo Ferretti, e facendo cadere i miei occhiali a terra. Recupererò il mio borsone, e uscirò, risbattendo la porta e rifacendo rimbalzare per bene Giovanni Lindo Ferretti.

Quando sarò lontana (e vedrò il cielo che si colora pensami almeno per un minuto pensami almeno per mezz'ora) mi accorgerò che:

  • il libro di Ferretti sarà sul fouton di casa;
  • i miei occhiali da sole saranno sul pianerottolo ai piedi di quel poveraccio di Giovanni Lindo Ferretti, che inizierà a sentirsi stiracchiato, e la cui giacchetta inizierà a stracciarsi un po' in zona chiodi;
  • avrò ANCHE lasciato la pattumiera piena di bucce d'arancia e materiale deperibile nel centro della sala (ma mi pareva brutto mettere anche le bucce d'arancia in bocca a Ferretti).

Citazioni

Osservazione finale

Certo che con questo post, dovrei proprio ricordarmeli, sto libro e sti occhiali. O no?

giovedì 15 marzo 2007

Faccio solo quello che voglio









  1. Quando mi va di essere felice faccio quello che mi rende felice e me ne rallegro.

  2. Quando mi va essere triste mi danneggio e poi mi trastullo nel danno.

  3. Quando mi va di essere felice e mi danneggio lo stesso mi riconduco al caso 2 e mi ci trastullo.

  4. Quando mi va di essere triste e succede qualcosa che mi rende felice, anziché essere infelice di essere felice mi riconduco al caso 1 e me ne rallegro.

mercoledì 14 marzo 2007

Hommes en orange


Quelli che in Francia si chiamano hommes en orange, da noi si chiamano uomini della nettezza urbana.
Dato che siamo in primavera o quasi, ho deciso di parlarvi del loro lavoro autunnale a Cuneo. Sul Viale.
Questi, ogni mattina, salgono sulle loro camionette guidabili con età maggiore/uguale 14 anni.
Ogni mattina, si sparpagliano lungo tre km e mezzo di viale a salire e tre km e mezzo di viale a scendere, che farebbe sette km.
Ogni mattina aspirano e caricano sulle camionette quello strato di foglie che ricopre il suolo.
Ogni giorno dopo, l'ammontare di foglie è uguale a quello del giorno prima.
Gli hommes en orange devono essere felici che sia primavera.

martedì 13 marzo 2007

Il carabiniere

Cammino lungo un viale che dà sul mare di pianura case ponti stesi sotto il cuneo sopraelevato di Cuneo. Mi godo gli ultimi minuti di sole prima di rinchiudermi nel bunker.
In senso inverso passa un curioso energumeno, avvolto in un paio di pantaloncini stretch azzurro fosforescente, che corre come se avesse sacchetti di mercurio al posto dei piedi. Penso: "Che curioso energumeno", e procedo nell'assorbire tutto il calore possibile dal sole delle due e mezza.
Mi sento come braccata, ho un qualche fiato, fiatone sul collo.
- Signorina, scusi, mi permette?
Mi sorge il dubbio di essere piombata in una frattura spazio temporale che mi ha trascinata nel Medioevo. Mi giro di scatto e mi ritrovo il nasone dell'energumeno correvole a mezzo metro dalla faccia.
- Sì?
- Signorina, permetta che mi presenti. Sono un carabiniere. Mi chiamo Chiseloricorda. Lei mi ha ammaliato.
Lo guardo in faccia cercando di non scoppiare a ridere.
Mi tende una manona pelosa rossa, tenendo sollevato a mezz'aria un fazzoletto di carta. Gliela stringo, arretrando un po' per allontanare il nasone. La mia mano sguscia in un guazzetto viscido.
- Signorina, mi dò la Nivea per mantenere intatta la pelle delle mani. Tenga questo fazzoletto.
Mi pulisco, quindi mi avvicino alla pattumiera per buttare il residuo cremoso ed informe.
Chiseloricorda mi si avventa addosso con fare disperato e mi grida:
- Nooooo! Mi serve per soffiarmi!
Poi, intascato il fazzoletto, riprende la sua compostezza medievale azzurra fosforescente e mi chiede se mi va di uscire a cena con lui.

lunedì 12 marzo 2007

Autocensura

Finchè ci sarà autocensura l'uomo non sarà mai totalmente libero.
Finchè ci sarà l'uomo ci sarà sempre l'autocensura.

venerdì 2 marzo 2007

Quando non ti capisco

Quando non ti capisco prenderei una sega circolare di quelle piccole, metterei gli occhialetti antispruzzi, e la conficcherei nella tua calotta cranica. Taglierei quella semisfera superficiale, e mi butterei ad osservare attentamente quello che c'è dentro. Ci troverei una pappetta fluida irrorata di sangue, e continuerei a non capire.
E saresti anche morto.

Quando non ti capisco prenderei un martello, e, con ampi gesti delle braccia, tanto per fare anche un po' di ginnastica, imprimerei colpi alla tua testa finchè non otterrei un uniforme puntaspilli di bozze doloranti. Poi sbatterei il tuo cranio contro tutti gli spigoli rintracciabili in questa tonda terra. E continuerei a non capirti.
E saresti anche più incomprensibile di prima.

Quando non ti capisco, allora, mi metto nei tuoi panni. Per capirti.
Ma tutto quello che succede è che i tuoi panni mi vanno larghi.
E così, invece di continuare a cercare di capirti, tengo su le braghe, ché se no mi calano.